martedì, Dicembre 3, 2024
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A Caivano la militarizzazione copre il vuoto culturale del Governo

A Caivano, il Parco Verde si trasforma ancora una volta in un palcoscenico per dimostrare la forza dello Stato. Un migliaio di agenti tra forze dell’ordine e militari hanno presidiato il quartiere per eseguire sgomberi e sgretolare simbolicamente quella che è stata definita una roccaforte della camorra. Ma dietro l’apparenza di fermezza si cela un copione già visto: un intervento spettacolare che, una volta svanita l’eco mediatica, rischia di lasciare tutto com’era.

Blitz e promesse disattese
Lo schema è noto: un evento tragico – in questo caso gli stupri di due ragazzine – riporta l’attenzione su una zona dimenticata. Seguono interventi spettacolari, annunci di rigenerazione urbana, promesse di legalità. Ma poi? Scampia, con le sue Vele abbattute a metà, è un esempio emblematico di come la repressione, senza un progetto di riqualificazione culturale e sociale, produca solo risultati temporanei.

Allo stesso modo, la risposta dello Stato a Rosarno, dopo le violenze contro i migranti nel 2010, si è limitata a interventi di forza, senza risolvere il problema dello sfruttamento agricolo.

La forza come unica risposta
Militarizzare i territori significa accettare la sfida della criminalità sul suo stesso terreno: quello della forza. Ma è davvero questa la soluzione? Ogni blitz, ogni sgombero, sembra confermare la narrazione dei clan, che vedono il controllo militare come il vero potere. Lo Stato, invece di proporre un modello alternativo, finisce per adottare la stessa logica, ignorando il bisogno di interventi strutturali che agiscano sulle cause del degrado.

Castello di Caivano – Foto di Umberto Basilica Pubblico dominio, https://commons.wikimedia.org/w/index.php?curid=6931513

Il ruolo della cultura e dei servizi
Portare servizi, scuole, spazi di aggregazione e cultura in quartieri difficili è un lavoro lento, complesso, e politicamente meno “vendibile” rispetto a un intervento spettacolare. Ma è l’unica strada per cambiare davvero la realtà di territori come Caivano. La criminalità prospera dove manca lo Stato, non in senso militare, ma sociale: nei servizi, nell’istruzione, nelle opportunità. Finché si risponderà solo con camionette e proclami, la situazione rimarrà immutata, pronta a esplodere al prossimo evento tragico.

La sfida culturale
Affrontare il degrado richiede di cambiare paradigma: non più la repressione come unica arma, ma un impegno a costruire alternative concrete. Investire in scuole, biblioteche, centri sportivi, promuovere l’occupazione e sostenere le famiglie in difficoltà è una sfida più lunga e impopolare, ma decisamente più efficace. Continuare sulla strada degli interventi muscolari significa, al contrario, accettare il linguaggio e le regole della criminalità, rinunciando a immaginare un futuro diverso per i territori abbandonati.

A Caivano, come in tante altre “Caivano d’Italia”, lo Stato è chiamato a scegliere: continuare a mostrarsi forte solo nelle immagini televisive, oppure costruire una presenza vera, fatta di cultura, servizi e opportunità. Una scelta difficile, ma l’unica che possa davvero spezzare il ciclo di abbandono e degrado.

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