di Massimo Pasquini, ex segretario nazionale Unione Inquilini
Negli ultimi anni, il mercato delle locazioni turistiche, note come affitti brevi, ha conosciuto un incremento che sembra inarrestabile. Un incremento dovuto anche dal ruolo assunto dalle piattaforme online e tra questa la più famosa Airbnb.
L’aumento esponenziale, non regolamentato, degli affitti turistici, ha avuto effetti devastanti sulle città, con un impatto negativo sulla residenzialità nelle aree centrali delle città, sulle locazioni a lungo termine e su quelle transitorie per studenti fuorisede e lavoratori in mobilità. Nelle aree a vocazione turistica, si è, infatti, assistito ad aumenti insostenibili degli affitti e ad un peggioramento della vivibilità.
Alcuni dati rendono l’idea del fenomeno. Nel 2022, nei Paesi dell’Unione Europea, sono state prenotate 547 milioni di notti tramite, le sole quattro grandi piattaforme di prenotazione online: Airbnb, Booking, Expedia Group e Tripadvisor. Questo significa che ogni notte, più di un milione e mezzo di persone hanno soggiornato in alloggi a breve termine.
La classifica delle mete che nel 2022 hanno fatto registrare più ospiti figurano Parigi, con 13,5 milioni di ospiti, seguita da Barcellona e Lisbona, con più di 8,5 milioni di ospiti ciascuna, al 4° posto Roma, con più di 8 milioni di ospiti, al 10° Milano, con 3,9 milioni di ospiti, mentre al 15° e al 16° posto troviamo Firenze e Venezia, con 3,2 milioni ciascuna.
Nel solo mese di agosto 2023, il totale delle prenotazioni effettuate nell’Unione Europea, tramite sempre le quattro piattaforme citate, sono state circa 125 milioni.
Le città europee si sono trovate di fronte a notevoli sfide connesse agli affitti turistici: la necessità di maggiore trasparenza: con le amministrazioni pubbliche e i governi alle prese con la garanzia che gli affitti turistici siano conformi alle normative locali, alla tassazione e agli standard di sicurezza; le questioni connesse allo sviluppo urbano, con le città in difficoltà rispetto alla rapida crescita degli affitti turistici che trasformano le aree residenziali e la previsione di ulteriori oneri per servizi pubblici,quali la raccolta dei rifiuti, oltre che ai citati effetti sui residenti.
Recentemente il Parlamento ha adottato in via definitiva, con 493 voti favorevoli, 14 contrari e 33 astensioni, nuovi requisiti UE sulle modalità di raccolta e condivisione dei dati relativi ai servizi di locazione a breve termine, già concordati con i governi UE.
Il nuovo regolamento avrebbe il compito di promuovere un’economia delle piattaforme trasparente e responsabile, proteggendo nel contempo i consumatori dalle offerte fraudolente relative agli affitti a breve termine. Questo attraverso: a) una procedura di registrazione semplice, le piattaforme online dovranno rispettare i nuovi obblighi di registrazione e di condivisione dei dati. Una semplice procedura di registrazione online consentirà alle autorità competenti di identificare l’ospite e l’unità e di verificare le informazioni; b) Servizi di locazione più sicuri per i viaggiatori, le piattaforme online dovranno garantire che le informazioni fornite dai locatori siano affidabili e complete, e che il numero di registrazione sia chiaramente visibile. Dovranno inoltre effettuare controlli casuali delle informazioni. Le autorità competenti potranno sospendere i numeri di registrazione, chiedere alle piattaforme di rimuovere annunci illegali o imporre sanzioni a piattaforme o locatori non conformi; c)Scambio di dati gli Stati dell’UE istituiranno un unico punto di ingresso digitale per ricevere dati dalle piattaforme su base mensile. La raccolta di questi dati dovrebbe permettere alle autorità di monitorare il rispetto dei processi di registrazione degli ospiti e consentirà anche di attuare politiche adeguate nel settore dell’affitto di alloggi a breve termine.
Sembrerebbe un passo avanti ma è cosi?
Airbnb, il nuovo regolamento dell’Unione europea, l’ha preso bene, infatti Georgina Browes, Head of EU Public Policy di Airbnb. Ha dichiarato: “Salutiamo con favore i progressi compiuti sulla normativa in materia di affitti a breve termine, una buona notizia per il turismo nell’UE e per molti host che condividono le loro case per avere un’entrata extra e sostenere il costo crescente della vita.” Ma ha aggiunto: “In futuro speriamo l’UE voglia focalizzare la discussione su quelle norme locali sproporzionate che minano il mercato unico e impediscono a molti europei di condividere le proprie case e di trarre beneficio dall’ospitalità.”. Credo che faccia bene Airbnb ad essere soddisfatta perché il nuovo regolamento non va ad intaccare alcuni nodi che invece sono fondamentali.
Questi nodi li vediamo esplicitati proprio in Italia.
In Italia è stato istituito recentemente il Codice Identificativo Nazionale, al quale tutti coloro che intendono operare in qualità di host devono iscriversi. Questo registro nazionale sostituirà quelli regionali. Ma basta questo? NO!
In Italia si considera non attività imprenditoriale quella svolta da proprietari fino a 4 appartamenti nei quali si svolge attività di affitti brevi turistici. Quattro appartamenti sono una enormità se teniamo conto dei potenziali e notevoli introiti e se paragoniamo con quanto stabilito dall’Amministrazione comunale di New York che ha stabilito che l’attività di b&b si svolge nella sola prima casa di proprietà, dove alloggia il proprietario e con un massimo di due ospiti.
Inoltre i proprietari fino a 4 appartamenti affittati a b&b possono usufruire di una cedolare secca al 21%, una agevolazione fiscale che non si capisce a quale titolo debba essere assicurata a questo tipo di attività se non la decisione di sostenere, non regolamentandolo questo settore senza pensare minimamente alle ricadute sulle città e la loro vivibilità.
Che ci sia su questo aspetto un approccio iperliberista si è evidenziato nel corso dell’iter di approvazione dell’ultima legge di bilancio, quando il Governo ha proposto di portare la cedolare secca per b&b dal 21% al 26% apriti cielo, grida manzoniane da parte dei gruppi parlamentari di maggioranza ma anche, purtroppo da parte di Pd e M5S che hanno parlato di aumento della tassazione sulla casa. Una sciocchezza visto che non si tratta di tassazione sulla casa ma sugli introiti commerciali derivanti dall’uso di quelle abitazioni per affitti turistici.
Ma andando ancora più nel concreto illuminante era la relazione del governo che accompagnava la misura che elevava dal 21% al 26% la cedolare secca per affitti brevi.
Nella relazione si affermava che la ritenuta sui versamenti dell’anno 2022 era pari a 80 milioni di euro a fronte di affitti percepiti per locazioni brevi di 376,8 milioni di euro. Tenuto conto di ciò la relazione tecnica stimava che dall’aumento della cedolare secca dal 21% al 26% deriverebbero introito per lo Stato di 17,6 milioni di euro nel 2025, e di 8,8 milioni di euro a decorrere dal 2026. Si avete letto bene quell’aumento della cedolare secca secondo la relazione tecnica alla legge di bilancio comporta maggiori introiti pari a meno di 9 milioni di euro l’anno.
La relazione tecnica affermava anche solo il 25% delle offerte di locazioni brevi deriva da piattaforme online (tutte non solo Aibnb)
Che questo sia perlomeno opinabile lo possiamo dedurre da un piccolo ma interessante fatto che ha coinvolto Airbnb in Italia.
A novembre 2023 ad Airbnb sono stati sequestrati dalla Procura di Milano ben 779 milioni di euro, su un totale di 3,7 miliardi di euro di affitti trattati, in quanto la piattaforma di affitti aveva mancato di pagare all’erario la famosa cedolare secca che aveva trattenuto negli anni dal 2017 al 2021. Dal 2017 in Italia è vigente una legge che impone alle piattaforme online di trattenere alla fonte la cedolare secca al 21% e di versarla all’’entrate dello Stato. Cosa che Aibnb, si è accertato non ha fatto.
Attenzione tenete conto di quanto sopra affermato dal Governo nella relazione tecnica alla legge di bilancio. Solo Aibnb ha incassato mediamente all’anno 900.000 milioni di euro e ha evaso circa 195 milioni di euro di cedolare secca. Come mai il Governo dichiara che nel 2022 sono stati incassati 80 milioni di euro sulla base di circa 367 milioni di euro di affitti dichiarati?
Infine né la legislazione italiana, né il regolamento europeo assegna ai Comuni la facoltà di definire regole e limitazioni, anche di specifiche aree urbane, della presenza di b&b che dovrebbero avere un impatto sostenibile e che non incide sulla vivibilità. Né si prevede che la eventuale licenza abbia una durata soggetta a richiesta di proroga. Sia il Governo italiano che l’Unione Europea non prevedono la soppressione della flat tax al 21%. Tanto bastano i pensionati e i lavoratori dipendenti a pagare le tasse mediamente oltre il 30%.
Massimo Pasquini, ex segretario nazionale Unione Inquilini