martedì, Dicembre 3, 2024
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Assegno di Inclusione: troppo lontano dai più poveri d’Italia

L’Assegno di Inclusione (Adi), che ha sostituito il Reddito di Cittadinanza (Rdc) a partire dal gennaio 2024, si avvicina al primo anniversario. La misura, pensata per combattere la povertà e sostenere le famiglie più vulnerabili, mostra già luci e ombre. I dati più recenti, uniti alle statistiche sulla povertà assoluta in Italia, mettono in evidenza notevoli discrepanze tra i beneficiari dell’Adi e il profilo delle famiglie in condizioni di povertà individuate dall’Istat per il 2023.

La geografia della povertà e l’Adi
Uno dei nodi centrali della nuova misura riguarda la distribuzione geografica dei beneficiari. Secondo gli ultimi dati disponibili, il 69% delle famiglie che percepiscono l’Adi risiede nel Sud e nelle Isole, mentre nel Nord la quota scende al 18%. Questo dato è in calo rispetto al 21% registrato con il Rdc nel 2023. Tuttavia, secondo l’Istat, nel 2023 il 45% delle famiglie in povertà assoluta viveva nel Settentrione, mentre il Meridione ne accoglieva il 39%.

La discrepanza si spiega con i criteri uniformi dell’Adi, che non considerano il maggiore costo della vita nelle regioni settentrionali, rendendo più difficile l’accesso al beneficio per molte famiglie povere del Nord. Un esempio emblematico riguarda le spese per riscaldamento, che incidono maggiormente nel Settentrione ma non sono adeguatamente ponderate nei criteri di assegnazione dell’Adi.

Cittadinanza e accesso al sostegno
Un altro aspetto critico riguarda la cittadinanza dei beneficiari. Solo il 9% dei nuclei percettori dell’Adi ha come richiedente un cittadino straniero, una percentuale identica a quella del Rdc a dicembre 2023. Questo dato contrasta con le rilevazioni Istat, che indicano come il 31% delle famiglie in povertà assoluta includa almeno un componente non italiano.

La riduzione del requisito di residenza da 10 a 5 anni, pensata per ampliare la platea dei beneficiari stranieri, non ha avuto l’effetto sperato. La ragione potrebbe risiedere nella soglia di reddito più bassa per chi vive in affitto, ridotta da 9.360 a 6.000 euro, che penalizza le famiglie straniere, più spesso locatarie rispetto a quelle italiane.

Famiglie con minori al centro dell’Adi
L’Assegno di Inclusione si concentra principalmente sulle famiglie con membri vulnerabili, come minorenni, anziani o persone con disabilità. Questo spiega perché il 42% dei nuclei beneficiari includa figli minori, in aumento rispetto al 34% registrato con il Rdc. Tuttavia, questo focus solleva dubbi sulla capacità dell’Adi di raggiungere le famiglie in povertà assoluta senza queste caratteristiche specifiche.

Differenze metodologiche e conseguenze
La disomogeneità tra le famiglie beneficiarie dell’Adi e quelle considerate in povertà assoluta dall’Istat deriva da criteri di valutazione diversi. L’Istat basa le sue stime sulla spesa per consumi, tenendo conto del costo della vita regionale, mentre l’Adi utilizza il reddito disponibile e il patrimonio calcolati tramite l’Isee. Inoltre, l’Adi esclude le famiglie povere senza minori, anziani o invalidi, lasciando fuori una parte significativa della popolazione in difficoltà.

Prospettive future e criticità da affrontare
Nonostante l’Adi abbia rappresentato un tentativo di migliorare il sistema di sostegno alle famiglie povere, emergono chiare criticità. Il mancato adattamento ai costi regionali penalizza molte famiglie del Nord, mentre la stretta sui criteri di accesso limita la platea dei beneficiari, specialmente tra i nuclei con componenti stranieri.

Per garantire una maggiore efficacia, sarebbe necessario ampliare i criteri di accesso e adattare i requisiti economici alle specificità territoriali. Inoltre, una maggiore attenzione alle famiglie senza minori o anziani potrebbe contribuire a ridurre ulteriormente le disuguaglianze.

Un anno dopo: riflessioni necessarie
L’Assegno di Inclusione, a un anno dalla sua introduzione, è ancora lontano dal rappresentare uno strumento universale e inclusivo per il contrasto alla povertà. Le discrepanze geografiche e demografiche che emergono dai dati devono essere affrontate per garantire che questa misura raggiunga davvero chi ne ha più bisogno. Senza un intervento mirato, il rischio è che le disuguaglianze regionali e sociali continuino a crescere, lasciando indietro le famiglie più fragili.

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