Il Botswana, che in passato in Italia si chiamava anche Beciuania, ci spiega solerte Wikipedia, ufficialmente Repubblica del Botswana, è uno Stato indipendente dell’Africa meridionale. Nei giorni scorsi i lettori di Diogene ne hanno sentito parlare a causa di un problema diplomatico non comune.
Intanto dobbiamo ricordare il ruolo preponderante della natura nella regione. Solo pochi giorni fa i circuiti televisivi internazionali ci mostravano branchi di ippopotami che rischiano di morire di sete e di caldo una volta intrappolati in pozze di fango dove prima c’era l’acqua.
La questione però che ha reso complicati i rapporti del Botswana con l’Occidente riguarda gli elefanti. La decisione del Regno Unito prima e della Germania poi, nonostante la Germania sia uno dei maggiori importatori nell’Unione europea, di approvare leggi che pongano divieti sull’importazione dei trofei di caccia. Il presidente Mokgweetsi Masisi è andato su tutte le furie e ha minacciato d’inviare 20 mila elefanti prima ad Hyde Park a Londra e poi a Berlino se questi provvedimenti verranno approvati.
L’immagine di migliaia di elefanti che marciano sulle capitali europee, circa 2300 anni dopo la vittorie di Pirro a Heraclea e la debacle di Annibale, che vide morire tutti i suoi elefanti dopo avergli fatto attraversare le Alpi, ha una sua suggestione. Difficilmente però Masisi la metterà in atto.
Personalmente preferirei vedere affisse su una parete le corna dei cacciatori piuttosto che quelle di qualsiasi animale, ma la questione è molto più complessa e pone dei problemi che vanno molto al di là degli elefanti e della caccia. Il Botswana sopravvive anche e soprattutto grazie all’importazione dei trofei di caccia. Un divieto, quindi, porterebbe a un impoverimento insostenibile.
Nel 2014, il Botswana aveva imposto un divieto sulla caccia ai trofei, tuttavia, nel 2019, ha revocato tale divieto a seguito di intense pressioni esercitate dalle comunità locali. Questa decisione è stata influenzata anche dal significativo aumento della popolazione di elefanti, come ha evidenziato il leader africano.
Infatti, la popolazione di questi mammiferi era cresciuta fino a contare circa 130.000 individui. Il Botswana, che detiene la più grande popolazione di elefanti del mondo, aveva precedentemente tentato di gestire la questione della sovrappopolazione trasferendo 8 mila elefanti in Angola e altri 500 in Mozambico.
Vi vedo sorridere e sorrido anche io, ma il problema è serio. In un’intervista alla tedesca Bild, Masisi ha ricordato che le mandrie di elefanti, causano seri danni ai raccolti e travolgono anche i residenti. La provocazione d’inviare gli elefanti in Europa voleva sottolineare che è facile parlare a migliaia di chilometri di distanza di un problema che in Botswana è drammaticamente concreto e in Europa è semplicemente etico.
Non vedere questa contraddizione, parola di un quotidiano che ogni giorno racconta problemi di paesi su cui c’è poca o nessuna traccia nel mainstream, crea un’ipocrisia insopportabile nell’affrontare la realtà del mondo intero, forse interconnesso digitalmente, ma distante per l’infinità di culture che non si integrano mangiando al ristorante etnico sotto casa.
Non ho, non abbiamo soluzioni per l’economia del Botswana nè per i suoi elefanti. Sappiamo però che se per noi il problema delle macchine elettriche è dove sistemare le batterie una volta esaurite per l’Africa e l’Asia il problema è la schiavitù dei bambini le cui dita sottili sono le uniche che possono raccogliere i minerali con cui alimentiamo macchine e smartphone.
Penso, a costo di alimentare una contraddizione politica forte e senza negare la necessità dell’integrazione, che davvero dovremmo andare noi a casa loro, a capire prima ancora che ad aiutare con i nostri standard occidentali, che risolvono i problemi nostri ma lasciano inalterati i loro.
Con gli elefanti del Botswana è difficile discutere. Convincerli a usare contraccettivi o a essere educati e non distruggere raccolti e travolgere persone. Quindi scegliamo di non parlare del Botswana, come di altre migliaia di realtà nascoste, per non ammettere che non abbiamo una soluzione che accontenti noi e loro.
La domanda che dovremmo porci se fossimo onesti è: esiste davvero e c’interessa davvero trovare una soluzione che accontenti noi e il Botswana? Io penso di no. Magari se non facessimo finta del contrario, qualche soluzione inizieremmo a trovarla sul serio.