domenica, Settembre 24, 2023
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Dal voto al vuoto

Stupisce lo stupore per la bassa affluenza al voto amministrativo e il flop dei referendum. Passiamo ore sui social e per strada a parlare del basso livello della politica e poi il giorno delle elezioni d’improvviso ci viene il dubbio che l’astensione non sia quel segnale di “andate a farvi fottere” che pensavamo, piuttosto sembra un “siamo già fottuti da tempo”. Dividiamo in due la questione cominciando dalle elezioni. Per un Tommasi che forse riuscirà a spezzare il dominio della Lega su Verona dobbiamo sopportare il ritorno del centrodestra a Palermo con annessi i sospetti di mafia che si sono abbattuti su alcuni loro candidati alla vigilia del voto. Quindi, ricapitolando, quando vince il centrosinistra si tratta di una vittoria della società civile ma quando vince il centrodestra è la mafia che riprende il controllo della città. Dovremmo quindi immaginare, secondo questa vulgata semplicistica, che in questi anni la mafia sia stata buona nell’angolo ad aspettare di rivincere le elezioni per tornare al comando? Se vogliamo credere alle favolette possiamo vederla così, se vogliamo credere ad amici che abitano a Palermo dobbiamo parlare dei danni che si lascia alle spalle Orlando. La differenza tra il 40% di Lagalla e il 20% di Miceli non è fatta di voti mafiosi, che certamente ci sono stati, ci sono sempre, anche quando vince il centrosinistra, ma di voti politici che chi è riuscito a votare ha espresso. I 600 presidenti di seggio che hanno dato forfait senza preavviso sono i figli di un deterioramento istituzionale di cui la mafia è una causa ma non certo l’unica. L’atteggiamento del Viminale di individuare ipotesi di reato nel comportamento dei presidenti, esprime appieno l’incapacità di comprendere e vivere la realtà di quella cosa informe che chiamiamo centrosinistra, che dal ponte di comando del Viminale e da quello di Sindaco di Palermo ha avuto pieni poteri per sovrintendere allo svolgimento delle elezioni. La partita di calcio per il passaggio in serie B del Palermo non è stata decisa sabato scorso, si sapeva da tempo. Mancano soltanto gli insulti ai cittadini che hanno votato per il centrodestra e poi il quadro sarebbe completo per poter con sprezzo del ridicolo evitare qualsiasi riflessione su come è stata gestita male Palermo dal centrosinistra in questi anni.
L’altro motivo di riflessione riguarda i referendum. Anche qui è fuori luogo il sottotitolo sulla crisi dell’istituto referendario. Anche qui i cittadini sono sempre visti come poveri deficienti. Nel dicembre 2016 l’affluenza al referendum sulle riforme Renzi del Senato fu del 65,47%. Allora? L’ipotesi più probabile è che i cittadini trovassero molto interessante quel referendum e per niente interessanti quelli sulla giustizia andati deserti ieri. Nessuno ricorda poi che a differenza di quelli bocciati dalla Corte Costituzionale su Eutanasia e Cannabis, che avevano raccolto un enorme numero di firme per essere proposti e quindi stimolato la partecipazione dei cittadini e il dibattito su quei temi, i referendum in votazione ieri si sono svolti su richiesta dei consigli regionali di Basilicata, Friuli-Venezia Giulia, Liguria, Lombardia, Piemonte, Sardegna, Sicilia, Umbria, Veneto, tutti con maggioranze di centrodestra, rendendo ininfluenti le firme che erano state già raccolte tra i cittadini. Tutto regolare, senza dubbio, sul piano legale, ma come sempre il piano legale è differente dal paese reale. Le spoglie di quello che fu il partito radicale dovranno riflettere sulla decisione di allearsi con la Lega, quella così garantista da agitare un bel cappio di forca in Parlamento negli anni passati. Ma i cittadini per i raffinati politologi italiani sono soltanto carne da voto, da esaltare quando votano come ci piace, da giudicare stupidi quando ci deludono, di sicuro non si saranno chiesti, secondo chi biasima la loro mancata affluenza, come mai il più forcaiolo dei partiti organizzava dei referendum con il più garantista dei partiti. Ma davvero pensiamo, in un Paese dove la maggior parte dei cittadini finchè non ci casca in mezzo ritiene i detenuti dei privilegiati in vacanza con a disposizione piscina, lampada solare e palestra, che il dibattito tra separazione delle carriere, legge Severino e carcerazione preventiva possa interessare la maggioranza degli italiani? Sarebbe giusto che se ne interessassero naturalmente, ma chi non fa i conti con la vita concreta con tutta evidenza non è un buon politico. Per fortuna tra poche ore dovrebbe riprendere il dibattito sulla riforma Cartabia in Parlamento.
I partiti hanno perso la rappresentanza dei cittadini e non da ieri. Il voto varia, è instabile, non offre grandi alternative allo squallore sociale ed economico esistente. Per tenere insieme i cocci di un’intera nazione intorno a Draghi è necessario un pateracchio con tutti partiti di centrosinistra e centrodestra dentro, esclusa la Meloni. Forse da questa risibile constatazione potrebbe venire in mente a qualcuno che la partecipazione al voto tornerà a crescere quando sarà possibile distinguere e scegliere con precisione tra almeno due opzioni politiche differenti.

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