martedì, Dicembre 3, 2024
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Finisce al Var la parabola di Grillo e inizia la corsa al centro di M5S

“Progressista indipendente”. Al termine di un processo di voto assimilabile a una sorta di congresso, il Movimento 5 Stelle ha riempito una casella identitaria fin qui ballerina sulla sua natura (nè di destra nè di sinistra). Oltre il 60% dei votanti ha infatti stabilito che M5S è una formazione “progressista indipendente”.

Il resto appartiene ai conti con il passato: l’allontanamento del padre fondatore Beppe Grillo, il superamento dei due mandati per gli attivisti impegnati nelle istituzioni. Ma l’elemento centrale è costituito da quelle due parole: progressista indipendente.

Uno sparuto gruppo di sconfitti potrebbe organizzare una fuga all’indietro, rivendicando anche per via legale il simbolo di M5S. Chiara Appendino, ancora con un piede dentro M5S, Virginia Raggi, Alessandro Di Battista, Danilo Toninelli, forse lo stesso fondatore.

A proposito di quest’ultimo, che ieri ha scritto ironicamente come chiosa dell’assemblea, sul suo stato Whatsapp, “da Francescani a Gesuiti”, è davvero curioso che uno che ha sancito accordi sfrontati di governo con Lega, Partito Democratico e, soprattutto, partecipato con Forza Italia e Renzi a un governo con Mario Draghi, adesso accusi gli altri di non essere più francescani ma furbetti.

Grillo ha richiesto il conteggio dei voti, prerogativa del suo ruolo di Garante, adesso eliminato dall’assemblea. Significa che dovranno tornare a votare oltre la metà dei circa 90 mila iscritti. Una guerra senza molte speranze di vittoria, il “cupio dissolvi” dell’ideatore di un movimento che ha comunque caratterizzato, la vita politica italiana degli ultimi quindici anni.

La spinta propulsiva di Grillo si è spenta con la morte di Gian Roberto Casaleggio, che con i suoi siti, quello di Grillo e quelli di M5S, sono stati indicati da un’inchiesta di BuzzFeed News del 2016 come i maggiori veicolatori di bufale e notizie false in rete. Loro smentirono, naturalmente, ma nonostante l’autolavaggio di questi giorni, il fanatismo urlante dei primi 5 stelle resta comunque ben impresso tra i fenomeni politici italiani. Sta di fatto che dopo l’inchiesta di BuzzFeed Grillo non ha più segnalato i post della Casaleggio associati sui suoi canali social.

Se la pratica con il fondatore avrà bisogno di qualche tempo per arrivare all’epilogo, vediamo invece cosa significa per l’immediato la vittoria di Giuseppe Conte. Circa 90 mila iscritti, 88.933. Per i quesiti relativi alle modiche dello Statuto ha votato a favore il 61,23%, sulle modiche del Codice etico ha votato il 54,10%, sulle proposte tematiche ha votato il 52,18%, sull’organizzazione territoriale ha votato il 51,53%. Per abrogare la facoltà del Garante di chiedere la ripetizione di una votazione sulle modifiche dello Statuto ha votato a favore il 74,63%, contro il 17,39%, astenuto 7,99%.

Altri giornali mettono al centro lo scontro Grillo/Conte, a noi interessa capire sul piano dei contenuti politici cosa cambia, se cambia, nel M5S. Tra le proposte votate, quasi tutte con percentuali superiori al 90% figurano: Sanità nazionale anziché regionale, Ingresso dei lavoratori nella proprietà e governance, Progressiva abolizione del contante (questa passata “soltanto” con il 65,34%), Proposta sul fine vita, Istituzione esercito comune europeo, Legalizzazione cannabis, Istituire le Case di comunità per i detenuti. Insomma non sono proposte tanto diverse dal Pd, soprattuto quelle sulla sanità contenute nel documento di sintesi.

La vittoria di Giuseppe Conte è soprattutto sul piano identitario di aver ottenuto la dizione “Progressista indipendente” per M5S. Tradotto: ha quindi mandato per proseguire nel cosiddetto campo largo a trazione Pd, ma vincolato ai programmi. Quali programmi? Perchè le alleanze dovrebbero essere accompagnate dalle proposte, visto che sono vincolate ai programmi.

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Quelli visti sopra sono punti generici, che lasciano un margine enorme a chi gestisce in Parlamento la politica di M5S e di trovare accordi. E, avendo tagliato alla radice la componente urlante e di piazza delle origini, venuta meno la natura anti sistema, questi accordi non possono prescindere da un alleanza con il Pd.

Oggi però, con M5S che difficilmente supera il 5% nelle città e Regioni dove si è votato di recente, con i sondaggi nazionali di poco superiori al 10%, M5S dovrebbe anche chiedersi dove andare a pescare voti nel campo largo. Perchè al momento l’unica diversità di qualche rilievo con il Pd sta nelle posizioni di Conte di apertura a Vladimir Putin e la simpatia palese per Donald Trump, che collocano M5S in una traiettoria di politica estera lontana dal Pd. Senza dimenticare che a sinistra del Pd c’è già AVS, critica con l’invio di armi all’Ucraina e il sostegno a Israele.

Il paradosso che si apre adesso è quindi la ricerca di voti al centro, un campo già minato e inquinato da Renzi e Calenda, più o meno interni al campo largo, e attualmente nella piena gestione di Forza Italia, unica forza di centrodestra classico all’interno dell’alleanza di estrema destra tra Meloni e Salvini.

Non è che rimangano altri spazi di manovra per Conte, a meno di qualche al momento improbabile impennata d’ingegno dell’ex premier, che dovrebbe però rimangiarsi la linea che lui stesso ha proposto e il suo partito ha votato con larga maggioranza.

Persino l’ospite d’onore del congresso, Sahra Wagenknecht, del Bsw tedesco (Bündnis Sahra Wagenknecht), formazione uscita da una costola di Die Linke, con posizioni talvolta coincidenti con l’estrema destra sull’immigrazione e accertate simpatie per Putin, ha rivendicato l’esperienza di unità conseguità in Turingia tra il suo partito, la Linke, i socialdemocratici e la Cdu, per lasciare all’opposizione i neonazisti dell’Afd. Da soli non si va da nessuna parte e M5S non fa eccezione, soprattutto in una fase elettorale dove gli sarà già difficile conservare le due cifre nel risultato.

Alla fine confluiranno nel Pd? Troppo presto a dirsi, ma se continua l’emorragia di voti senza una linea di differenziazione netta da Schleyn, i simpatizzanti finiranno per preferire l’originale alla copia, è inevitabile, e i dirigenti a ritagliarsi qualche strapuntino per non rinunciare ai benefit parlamanentari che tanto dicevano di odiare.

E gli scontrini delle spese dei deputati? Quelle spese che secondo M5S erano la causa della corruzione politica? Non ne parla più nessuno, archiviati, tanto gli elettori hanno poca memoria. La parola “Ho – ne – stà” con cui M5S ha ingannato fino a un terzo dell’elettorato italiano, compare una sola volta nell’intervento conclusivo di Conte dal palco, non è più quella centrale nel programma 5 stelle.

Conte ha anche spiegato che per lui Progressista Indipendente significa “radicali nei valori, pragmatici nelle soluzioni”. Vista la storia di M5S questo ha significato lasciarsi le mani libere per governare sia con l’estrema destra, la Lega, che con il Pd, che con la Bruxelles dei banchieri rappresentata da Mario Draghi. Le alleanze, ha aggiunto, sono solo un mezzo. Voleva tranquillizzare la platea che non sarà subalterno al Pd. O forse voleva tranquillizzare se stesso che non avrà le mani del tutto legate.

Per il momento però ad assicurargli la sopravvivenza è soltanto la possibilità di piazzare qualche buon candidato nel campo largo, come avvenuto in Sardegna. L’unica garanzia per la vita elettorale di Giuseppe Conte e di M5S in questo momento è mettersi sulla scia del Pd. Questo ha sancito il loro congresso appena terminato, al netto d’improbabili rivolgimenti legali che diano ragione a Grillo.

“Vladimir Putin with Giuseppe Conte (2018-10-24) 02” by Пресс-служба Президента Российской Федерации is licensed under CC BY 4.0.
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