In Francia, i buoni pasto sono al centro di un acceso dibattito che sta coinvolgendo ristoratori, grande distribuzione e governo. Questo strumento, utilizzato da milioni di lavoratori per coprire le spese legate ai pasti, è oggi al centro di una contesa che rischia di ridisegnare profondamente il sistema.
Alla base delle tensioni c’è il crescente utilizzo dei buoni per acquistare generi alimentari nei supermercati, una pratica che sta mettendo a dura prova il settore della ristorazione e sollevando dubbi sulla sostenibilità del sistema.
Come funzionano i buoni pasto in Francia
In Francia, i buoni pasto (tickets-restaurant) sono un beneficio offerto dai datori di lavoro ai propri dipendenti, che possono utilizzarli per coprire le spese dei pasti durante l’orario di lavoro. Ogni buono ha un valore nominale massimo di 25 euro al giorno, e i costi sono cofinanziati dal datore di lavoro (almeno il 50%) e dal dipendente (attraverso una trattenuta sulla busta paga).
Questo sistema è esente da tasse per il datore di lavoro, che può dedurre il costo dei buoni pasto dal reddito imponibile. Tuttavia, i buoni pasto sono originariamente concepiti per essere utilizzati nei ristoranti o per acquistare alimenti pronti al consumo. Durante la pandemia di Covid-19, per venire incontro alle nuove esigenze dei lavoratori, è stata introdotta una deroga che permette di utilizzare i buoni anche per acquistare prodotti alimentari nei supermercati.
Questa misura temporanea, estesa fino alla fine del 2026, ha però generato conflitti tra i ristoratori, che vedono ridursi i propri introiti, e la grande distribuzione, che beneficia invece di un incremento delle vendite.
Un sistema strategico per l’economia francese
Secondo uno studio della Commissione Nazionale Buoni Pasto (CNTR), il sistema sostiene quasi 100.000 posti di lavoro diretti, di cui 76.000 nella ristorazione e circa 7.500 nella distribuzione alimentare. Inoltre, i buoni pasto generano un impatto economico significativo: ogni euro investito dai datori di lavoro si traduce in 2,70 euro immessi nell’economia locale. Nel 2023, si stima che il sistema abbia generato un indotto di 14 miliardi di euro, con 8,6 miliardi destinati al settore della ristorazione.
Dal punto di vista fiscale, lo Stato incassa circa 3 miliardi di euro all’anno grazie ai buoni pasto, tra IVA, contributi sociali e imposte. Al netto delle esenzioni concesse, il beneficio netto per le casse pubbliche è stimato in 845 milioni di euro.
Il rischio per la ristorazione e le proposte di riforma
La possibilità di utilizzare i buoni pasto nei supermercati, se da un lato offre maggiore flessibilità ai lavoratori, dall’altro ha avuto un impatto significativo sulla ristorazione. Secondo Umih, la principale organizzazione dei datori di lavoro del settore, i ristoratori hanno perso circa 576 milioni di euro di guadagni. Thierry Marx, presidente di Umih, ha definito la misura “uno scandalo” e propone l’introduzione di un buono separato dedicato esclusivamente all’acquisto di prodotti alimentari nei supermercati.
Anche il sindacato GHR (Groupement des Hôtelleries & Restaurations de France) suggerisce un “doppio massimale” per l’utilizzo dei buoni: 25 euro per la ristorazione e 15 euro per i supermercati.
Le abitudini di consumo e il ruolo del telelavoro
La pandemia ha cambiato radicalmente le abitudini dei lavoratori francesi. Il telelavoro, ormai parte integrante della quotidianità per molti, ha ridotto la frequenza con cui i dipendenti pranzano fuori casa, aumentando invece la necessità di preparare pasti domestici. Questo cambiamento ha portato a una maggiore richiesta di flessibilità nell’utilizzo dei buoni pasto, spingendo i consumatori verso i supermercati.
Layla Rahhou, delegata della Fédération du Commerce et de la Distribution (la principale organizzazione della grande distribuzione), ha sottolineato che l’estensione dell’uso dei buoni pasto riflette “l’evoluzione delle abitudini di consumo”, che privilegiano sempre più la praticità e la convenienza.
Verso una riforma nel 2025
Il governo francese ha già annunciato l’intenzione di rivedere il sistema dei buoni pasto entro il 2025. Tra le proposte sul tavolo ci sono:
Un aumento del valore nominale per coprire il costo effettivo di un pasto, stimato tra 12 e 19 euro.
Maggiore flessibilità per adattarsi al telelavoro.
Incremento della quota a carico del datore di lavoro.
Un modello per l’Italia?
In Italia, il sistema dei buoni pasto è simile a quello francese, ma le differenze sono significative. Ad esempio, in Italia il limite massimo di esenzione fiscale per i buoni pasto elettronici è fissato a 8 euro al giorno, ben lontano dai 25 euro francesi. Inoltre, mentre in Francia il telelavoro ha spinto verso una maggiore flessibilità, in Italia le norme rimangono più rigide.