martedì, Giugno 6, 2023
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Giustizia è fatta?

di Alfredo Facchini

«Giustizia è stata fatta. Non importa quanto tempo serve, o dove vi nascondete, se siete una minaccia gli Stati Uniti vi troveranno».

Sono le prime parole pronunciate da Joe Biden, in diretta nazionale, da un balcone della Casa Bianca, subito dopo l’eliminazione a Kabul, attraverso un drone, di Ayman al-Zawahiri, il numero uno di Al Qaeda.

Gli ha fatto subito eco un tweet di una trumpiana di ferro, come Lauren Boebert: «La morte di Ayman al-Zawahiri è senza dubbio una vittoria per il mondo.

Quest’uomo veramente malvagio non può più fare del male a nessuno.

Dio benedica gli USA!».

Colpito, affondato. Il caso è chiuso. Sembrerebbe di si a giudicare dalle reazioni trionfali del nostro mainstream, quando c’è di mezzo Washington.

Ma più di un’obiezione s’imporrebbe: utilizzare un drone invece che un regolare processo per far pagare i conti con la Giustizia è accettabile?

O piuttosto non è, a tutti gli effetti, un omicidio politico, per giunta commesso sul suolo di uno stato sovrano e a dispetto delle Convenzioni di Ginevra?

Intendiamoci al-Zawahiri non è uno stinco di santo. La “Cia” lo ha “pizzicato” in un edificio residenziale di quattro piani nel quartiere, Sherpur, a Kabul.

L’eliminazione è avvenuta tramite il lancio di un missile “Hellfire” dotato di lame letali e scagliato da un drone. Al-Zawahiri non ha avuto scampo: è morto sul colpo.

A quanto si e appreso l’intelligence americana conosceva da aprile l’ubicazione esatta del nascondiglio di al-Zawahiri. Il «dottore» non si è mai allontanato dal suo nuovo rifugio.

Su di lui pendeva una taglia da 10 milioni di dollari da parte dell’FBI.

È lecito domandarsi perché non l’abbiano catturato vivo? Perché non affidarlo alla giuria di un Tribunale? Troppo scomodo?

Egiziano, 71 anni, al-Zawahiri contribuì a fondare la Jihad islamica egiziana che nel 1981 assassinò il presidente Sadat.

Medico personale di Bin Laden era accusato di aver ideato gli attentati dell’11 settembre 2001.

Nel 2011, prese il suo posto alla guida di Al Qaeda.

Dato già per morto nel novembre 2020, al-Zawahiri era stato visto l’ultima volta nella città afghana orientale di Khost nell’ottobre 2001, e da allora era rimasto nascosto sfuggendo sempre alla cattura.

Il 13 gennaio 2006 fu l’obiettivo di un attacco missilistico americano vicino al confine fra Pakistan e Afghanistan. Morirono quattro membri di al-Qaeda, ma al-Zawahiri si salvò.

Siamo al 25 luglio quando il presidente Usa, Joe Biden, dà l’ordine finale: alle 21.48 del 31 luglio a Kabul, scatta il raid e al-Zawahiri viene abbattuto con l’uso di un drone mentre si affaccia al balcone di casa.

Si chiude con lui, forse, un’era del terrorismo islamico che potremmo definire “old style”, ma non finisce certo la partita con l’eredità di quel fondamentalismo.

Quelli che invece non cambiano mai sono i metodi da “bounty killer” delle Amministrazioni statunitensi.

Alla faccia dello “Stato di Diritto” continuano, in prima persona o per procura, a farsi giustizia con la “legge del taglione” quando gli pare e piace.

Il tutto, per di più, elevato a norma politica: i cattivi vanno fermati con ogni mezzo.

Lo hanno fatto anche due anni fa quando fecero fuori il generale iraniano Soleimani, con un raid aereo a Baghdad.

Allora c’era Trump, oggi un “sincero democratico” come Biden.

Alfredo Facchini

Osama bin Laden and Ayman al-Zawahiri 2001
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