lunedì, Dicembre 2, 2024
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HIV: ritardi, stigma e una battaglia ancora aperta

Il 1° dicembre di ogni anno il mondo si ferma per riflettere sull’impatto dell’HIV/AIDS, una pandemia che ha segnato intere generazioni e che ancora oggi rappresenta una delle maggiori sfide per la salute globale. La Giornata Mondiale contro l’AIDS 2024, promossa da UNAIDS, adotta il tema “Take the rights path” (Scegli la strada dei diritti), un messaggio chiaro che mette al centro la necessità di abbattere disuguaglianze, stigma e discriminazioni, i veri ostacoli alla fine dell’AIDS come minaccia per la salute pubblica entro il 2030.

Nonostante i progressi scientifici e terapeutici, il traguardo appare ancora lontano. L’Italia, come molti altri paesi, si trova di fronte a sfide urgenti e complesse, mentre a livello globale i dati UNAIDS evidenziano una situazione a doppio binario: successi significativi in alcune aree, ma gravi ritardi in altre, dove il rischio di tornare indietro è sempre più concreto.

L’Italia e l’HIV: una prevenzione che arretra
Secondo i dati del COA-ISS, nel 2023 in Italia si sono registrate 2.349 nuove diagnosi di HIV, un numero destinato a superare quota 2.500 una volta aggiornate le notifiche tardive. Dopo una costante discesa iniziata nel 2012, le segnalazioni sono tornate a crescere a partire dal 2021, invertendo un trend che sembrava ormai consolidato. Tra le nuove infezioni, il 60% viene diagnosticato tardivamente, quando il virus ha già compromesso il sistema immunitario.

Le principali modalità di trasmissione rimangono i rapporti sessuali non protetti, che rappresentano l’86,3% dei casi. In particolare, il 26,6% delle nuove diagnosi riguarda maschi eterosessuali, il 21% donne, mentre gli uomini che fanno sesso con uomini (MSM) costituiscono il 38,6%. Questo dato riflette non solo una scarsa percezione del rischio tra le fasce di popolazione eterosessuale, ma anche una prevenzione primaria in crisi.

La crisi della prevenzione e il mancato utilizzo della PrEP
Un punto critico della lotta contro l’HIV in Italia è il mancato utilizzo degli strumenti di prevenzione disponibili. Il LILAReport 2024 sottolinea che il 52,6% degli utenti non ha usato il preservativo nell’ultimo rapporto sessuale, mentre il 41,4% non ha mai effettuato un test HIV. Tra i giovani coinvolti nel progetto EDUCAIDS a Cagliari, l’uso di preservativi è risultato quasi nullo, e la situazione peggiora ulteriormente tra gli adulti frequentanti le scuole serali.

Uno degli strumenti più efficaci, la Profilassi Pre-Esposizione (PrEP), che offre una protezione vicina al 100% contro l’HIV, è disponibile gratuitamente in Italia, ma rimane poco conosciuta e difficilmente accessibile in molte regioni. Questa lacuna, unita a una disinformazione diffusa, alimenta percezioni errate dei rischi di trasmissione: il 40% delle richieste di consulenza ricevute dalla LILA riguarda situazioni che non comportano alcun pericolo, come il contatto fisico o la condivisione di spazi pubblici.

Diagnosi tardive: un problema grave e persistente
Le diagnosi tardive rappresentano il tallone d’Achille delle politiche di contrasto all’HIV in Italia. La maggior parte delle persone che scopre di essere sieropositiva lo fa quando il sistema immunitario è già gravemente compromesso, con una conta di CD4 inferiore a 350 cellule/uL. Tra gli uomini eterosessuali, il 67% delle nuove diagnosi è tardivo e quasi la metà dei pazienti si trova già in AIDS conclamato. Le percentuali di ritardo sono alte anche tra le donne (63%) e raggiungono picchi del 75% tra gli over 60.

Questi dati rivelano una cronica incapacità di promuovere la diagnosi precoce. Più di un terzo delle persone (35%) si sottopone al test solo dopo aver manifestato sintomi correlati a un’infezione avanzata, mentre meno del 20% lo fa consapevolmente a seguito di rapporti sessuali non protetti. La scarsa diffusione di campagne di prevenzione e informazione scientificamente corrette contribuisce a perpetuare una visione dell’HIV come problema circoscritto a presunte “categorie a rischio” – una convinzione che si rivela devastante per la salute pubblica.

Stigma e discriminazioni: barriere sociali invisibili
Il LILAReport 2024 documenta un quadro allarmante di stigma e discriminazione. Oltre il 40% delle persone sieropositive che si sono rivolte all’associazione ha segnalato episodi di violazione della privacy o discriminazioni, principalmente in ambito sanitario e lavorativo. Questa situazione spinge molti a nascondere il proprio stato sierologico, a rimandare il test o a evitare del tutto i servizi sanitari.

Lo stigma colpisce anche la percezione pubblica: quasi il 40% delle richieste di valutazione dei rischi riguarda comportamenti che non comportano alcun pericolo di trasmissione, come il bacio o la semplice vicinanza a una persona sieropositiva.

Uno sguardo globale: progressi e ritardi
A livello mondiale, il rapporto UNAIDS 2024 evidenzia successi significativi, ma anche ritardi preoccupanti. Oggi, tre persone su quattro con HIV sono in trattamento, un risultato straordinario rispetto al 2010, quando solo il 47% riceveva cure. Tuttavia, 9,3 milioni di persone rimangono senza accesso alle terapie salvavita. Ogni minuto, una persona muore per patologie correlate all’AIDS, e nel 2023 si sono registrate ancora 1,3 milioni di nuove infezioni, ben oltre il target di 370.000 fissato per il 2025.

Il divario tra paesi ricchi e poveri è netto: mentre in Africa orientale e meridionale le nuove infezioni sono diminuite del 59% dal 2010, in Europa orientale, Asia centrale e Medio Oriente si registra un aumento significativo, legato alla criminalizzazione e alla marginalizzazione delle popolazioni chiave, come MSM, lavoratori del sesso e persone che usano droghe.

La sfida economica e sociale
Il finanziamento globale per l’HIV è sceso a 19,8 miliardi di dollari nel 2023, ben al di sotto dei 29 miliardi necessari entro il 2025. Nei paesi a basso e medio reddito, la crisi del debito e l’inflazione hanno ridotto le risorse interne per i servizi legati all’HIV, con un calo del 6% rispetto al 2022. Questo scenario minaccia non solo i progressi raggiunti, ma anche gli obiettivi fissati per il 2030.

La criminalizzazione di comportamenti associati alla trasmissione dell’HIV e lo stigma sociale continuano a ostacolare la prevenzione. A livello globale, il 46,6% delle persone intervistate in un sondaggio recente ha segnalato atteggiamenti discriminatori nei confronti delle persone sieropositive, un dato che supera di sei volte il target previsto per il 2025.

La strada dei diritti è l’unica possibile
Porre fine all’AIDS è possibile, ma solo adottando politiche basate su diritti umani, equità e investimenti. La Giornata Mondiale contro l’AIDS 2024 ci ricorda che la salute è un diritto universale, da garantire a tutti, senza eccezioni. Come sottolinea Winnie Byanyima, direttrice esecutiva di UNAIDS: “Il percorso per mettere fine all’AIDS non è un mistero. È una scelta politica e finanziaria”.

La sfida è ancora aperta, e il tempo stringe. Perché la fine dell’AIDS non sarà mai una vittoria parziale: o sarà per tutti, o non sarà.

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