Le conseguenze dei cambiamenti climatici stanno già causando danni e disastri in tutto il mondo, e preoccupa sempre di più il sistema umanitario internazionale che questi possano produrre nuove povertà e alimentare quelle già esistenti.
Un’analisi statistica condotta dalla Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa, pubblicata sulla rivista Pnas, ha rivelato che l’86% dei Paesi del mondo sta diventando sempre più povero a causa delle temperature insolitamente elevate, della siccità e delle precipitazioni sempre più intense, aumentando le disuguaglianze nel reddito e rendendo i poveri sempre più poveri.
La ricerca sottolinea come gli impatti siano maggiori nei Paesi che dipendono largamente dal settore agricolo, e le economie più esposte a questi shock climatici sono anche quelle che partono da livelli di disuguaglianza particolarmente elevati.
Il cambiamento climatico acuirà le disuguaglianze di reddito nel prossimo futuro, e il peggiore degli scenari indica che i Paesi che dipendono fortemente dall’agricoltura vedranno un aumento del 45% della disuguaglianza di reddito, esclusivamente come conseguenza di anomalie di precipitazione. Considerando anche le anomalie di temperatura, l’aumento atteso arriva al 78%.
Le previsioni sull’andamento del clima hanno un alto livello di incertezza, ma le prospettive sono saldamente negative, in particolare nell’Africa Sub-Sahariana. L’esigenza di una governance globale delle Nazioni Unite capace di stabilire poche semplici regole su alcuni punti cruciali per la vita di miliardi di persone diventa sempre più urgente, vista l’inutilità delle risoluzioni prese in passato durante le Conferenze delle Parti sul clima.
Secondo il rapporto 2021 dell’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (FAO), oltre 3 miliardi di persone dipendono dall’agricoltura per la loro sussistenza, e l’80% di questi vive in Paesi a basso e medio reddito. Queste persone sono particolarmente vulnerabili ai cambiamenti climatici, che possono causare perdite di raccolti e di bestiame, e quindi un aumento della povertà.
L’indice di rischio climatico globale, sviluppato dall’organizzazione Germanwatch, classifica i Paesi in base alla loro esposizione ai rischi climatici e alla loro capacità di adattamento. Nel rapporto del 2021, i primi dieci Paesi più colpiti da eventi climatici estremi negli ultimi 20 anni sono stati: Myanmar, Haiti, Filippine, Pakistan, Bangladesh, Thailandia, Porto Rico, Nepal, Vietnam e Honduras. Tutti questi Paesi hanno subito danni economici e umani significativi a causa di eventi come cicloni, inondazioni e siccità.
Nel rapporto 2021 del Programma delle Nazioni Unite per lo sviluppo (UNDP) sulle disuguaglianze globali, si evidenzia come i Paesi a basso reddito siano quelli più esposti ai rischi climatici e quelli meno preparati ad affrontarli. Inoltre, si stima che il 20% della popolazione mondiale, ovvero circa 1,5 miliardi di persone, vive in aree a rischio di desertificazione, che possono essere aggravate dal cambiamento climatico.
Secondo il rapporto 2021 del Panel intergovernativo sul cambiamento climatico (IPCC), il livello del mare è destinato ad aumentare di almeno 28 cm entro la fine del secolo, causando inondazioni costiere e danni alle infrastrutture e alle attività economiche. Inoltre, le ondate di calore estremo, le siccità e le inondazioni potrebbero causare una diminuzione della produttività agricola e una riduzione della disponibilità di acqua, con conseguenze sulla sicurezza alimentare e sulla salute delle persone.
Secondo il rapporto 2022 dell’Agenzia internazionale dell’energia (IEA), gli investimenti globali nelle energie rinnovabili sono aumentati del 10% nel 2021 rispetto all’anno precedente, raggiungendo un nuovo record di 303 miliardi di dollari. Tuttavia, gli investimenti nel settore fossile sono ancora molto più elevati, e l’IEA avverte che occorre una rapida transizione verso fonti di energia a basse emissioni di carbonio per limitare gli effetti del cambiamento climatico.
