Mentre i francesi protestano per l’innalzamento dell’età pensionistica da 62 a 64 anni, un nuovo tema molto interessante avanza nel dibattito politico d’oltralpe ma dovrebbe caratterizzare l’evoluzione delle future discussioni sul mondo del lavoro nel mondo occidentale, dove è elevato a feticcio.
Vediamo intanto di che si tratta. “Molti sindacati concordano sul fatto che prima di considerare la riforma delle pensioni, bisogna prima parlare del lavoro stesso”, ha affermato Bruno Palier, direttore della ricerca presso Sciences Po Paris che si concentra sui modelli di welfare europei.
Già molti contestano ai lavoratori francesi di essere dei privilegiati rispetto ai loro colleghi in Europa e negli Usa, con la settimana lavorativa a 35 ore, le ferie pagate, il diritto a disconnettersi totalmente dal lavoro una volta terminato il tempo retribuito.
Eppure, secondo l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico, i lavoratori francesi, dati alla mano, risultano essere più produttivi di quelli tedeschi e soltanto una tacca sotto quelli statunitensi, per i quali il lavoro è una sorta di droga che avvolge l’intera giornata.
Come era prevedibile la settimana di 35 ore lavorative ha reso i turni di lavoro dei francesi molto più intensi che in precedenza. Secondo la fondazione Jean-Jaurès i francesi sono diventati meno entusiasti dell’importanza del loro lavoro e meno orgogliosi delle loro aziende.
Si sono verificati molti suicidi a causa dei carichi di lavoro maggiori, in alcuni casi, diciannove soltanto nel settore comunicazioni negli ultimi cinque anni, una corte d’appello ha condannato l’ex amministratore delegato della più grande società di telecomunicazioni francese per “molestie morali”.
Sandrine Rousseau, economista e deputata verde, è stata la prima a introdurre la questione del “diritto alla pigrizia”, intervenendo in Parlamento il 7 febbraio scorso. Lo ha fatto citando il celebre testo di Paul Lafargue, genero di Karl Marx, “Il Diritto all’Ozio”.
Una Rousseau che cita un Lafargue. Basterebbe questo gioco di cognomi illustri ad attirare la nostra attenzione in questa epoca senza memoria. Ma storia a parte la deputata ha utilizzato l’argomentazione di Lafargue per contestare il progetto pensionistico di Macron.
Il diritto alla pigrizia o all’ozio è la semplice rivendicazione che non è il lavoro a definire per intero il senso della vita delle persone. Un argomento che quindi non coinvolge soltanto la vita di chi è occupato ma anche di chi il lavoro non ce l’ha e lo cerca.
Per primi contro la Rousseau sono insorti i cattolici. Corinne Leveleux, medievalista e specialista in diritto canonico all’università di Orléans, ha ricordato che per la chiesa la pigrizia è addirittura “la madre di tutti i vizi”.
il lavoro, ha spiegato la studiosa, è visto come custode dell’anima, come scudo contro il Male. Quando sei pigro, ti esponi alle tentazioni perché perdi il controllo e perchè non partecipi con il lavoro all’opera divina del creato.
Naturalmente la tesi dei cattolici più osservanti non trova molti consensi tra i lavoratori francesi, ma piace alla borghesia conservatrice. Le Figaro contrapposto all’intervento di Rouesseau un altro intervento contro le pensioni di Macron, stavolta del deputato comunista Fabien Roussel.
Quest’ultimo, nel criticare la riforma previdenziale, aveva invece affermato la necessità di costruire una sinistra laburista, costruita intorno al valore del lavoro. Una concezione molto diversa dall’emancipazione dal lavoro proposta da Rousseau.
Ma sono veramente in contrapposizione le due posizioni? In realtà non è così. Si capisce bene che non è così prendendo in considerazione l’intero corpo sociale, ovvero non solo chi lavora ma chi non lavora come i pensionati, che hanno già lavorato, e i bambini, che devono formarsi e istruirsi.
Operai e padroni concepiscono la pensione come una parte dello stipendio differito, pagata quando si è troppo vecchi per lavorare. Al tempo stesso la disoccupazione è un fattore che distrae risorse economiche pubbliche per colmare, tentare, con sussidi la mancanza di reddito da lavoro.
Quando Rousseau invoca il diritto alla pigrizia quindi, non si riferisce semplicemente alla volgarizzazione della questione che viene fatta dagli ambienti imprenditoriali più conservatori. Pone un problema universale sull’intera evoluzione della vita di una persona.
Il diritto alla pigrizia non è una richiesta parassitaria di reddito senza nulla fare socialmente e individualmente, al contrario è la constatazione che l’enorme aumento della produttività del lavoro dovrebbe liberare il nostro tempo.
Certo, nelle condizioni in cui versa l’Italia, con il 10% della sua popolazione al di sotto della soglia di povertà, sembra un dibattito fantascientifico. Ma è al contrario l’introduzione di un modo di pensare al lavoro come una delle attività umana e non l’intero senso della vita.
In questa continua richiesta di rifondare la sinistra italiana manca il coraggio di definire un punto centrale. Socialismo e comunismo nel secolo scorso hanno basato la loro visione dell’individuo sul lavoro, esattamente come hanno fatto i padroni., accettandone la logica.
A quella logica oggi si sottraggono invece la maggior parte degli individui dotati di pensiero critico. La conflittualità sociale dovrebbe passare per la rivendicazione non più da parte di un soggetto unito soltanto dal basso reddito percepito, ma di una parte più ampia di umanità che chiede una redistribuzione dei profitti, per ridisegnare l’intero progetto di vita umana.
Il modello laburista di società è fallito nel secolo scorso e ne paghiamo ancora le conseguenze. Finchè si fa finta d’ignorare che esiste una ricchezza immensa che non si annida più negli Stati ma nei conti correnti personali di pochi individui.
Non è un dato statistico da citare nei convegni, quello dell’1% che possiede il 99%, ma un preciso riferimento politico. Bisogna avere il coraggio di essere conseguenti con la constatazione di questa ingiustizia.
E’ quella la ricchezza che va espropriata per un modello di società equa. Perchè quella ricchezza è costruita sullo sfruttamento e sulla morte di milioni di individui. Riprendersela è soltanto il primo passo per ridare un senso alla vita umana.
