Un dibattito dai toni apparentemente futuristici, ma in realtà molto legato allo sviluppo economico e demografico assai prossimo, si sta sviluppando da qualche tempo in Giappone. Il timore è che lo spopolamento, la decrescita demografica determinerà la fine del Giappone. Attualmente il Paese conta circa 126 milioni di abitanti, undicesimo nella classifica delle nazioni per popolazione, la sua crescita demografica non si è mai fermata fino al 2010.
Eppure su giornali e magazine viene citato un documento sulle statistiche demografiche del Ministero della Salute, del Lavoro e del Welfare che calcola in 811.604 le nascite del 2021, un’accelerazione del già basso tasso di natalità del Giappone unito all’invecchiamento della sua popolazione. Il fenomeno, va detto, riguarda ormai parecchie nazioni, ma i giapponesi gli stanno dedicando un’attenzione estrema, soprattutto per le ricadute sulle politiche sociali.
Tra vent’anni, prevede il documento, si verificherà una carenza di 2 milioni di assistenti agli anziani”. Secondo lo stimato professore Masahiro Yamada della Chuo University, di questo passo per colmare il vuoto servirebbe almeno la metà dei neolaureati della nazione ogni anno. Come sempre il problema non riguarderà i ricchi, che potranno pagarsi le spese, ma. e qui viene fuori il vero punto centrale del problema che turba i sogni nipponici, gli altri cittadini dovranno ricorrere a mano d’opera straniera, a meno di non ridurre i servizi.
Attenzione però, la domanda sui giornali non è posta in maniera xenofoba, anzi, il problema che si pongono i commentatori è come convincere i lavoratori stranieri ad andare in Giappone in un sistema dove rischiano di aumentare i casi di anzianio che muoiono da soli.
Ad alimentare le paure ci si è messo anche Elon Musk, che con uno dei suoi soliti tweet, destinati sempre a creare problemi più di quanti non ne risolvano, ha scritto: “A rischio di affermare l’ovvio, a meno che qualcosa non cambi per far sì che il tasso di natalità superi il tasso di mortalità, il Giappone alla fine cessare di esistere. Questa sarebbe una grande perdita per il mondo”.
Non sappiamo, per ignoranza nostra, se i gesti apotropaici appartengano alle usanze giapponesi, saremmo portati per il no, ma al posto loro inizieremmo a pensarci. Quando musk inizia a parlare di un argomento di solito accade qualcosa subito dopo che lo mette in primo piano su scala internazionale.
L’attualità che il Giappone affronta è la massa demografica nata subito dopo la seconda guerra mondiale che oggi si aggira intorno ai 75 anni in un periodo di estrema crisi dei posti letto in ospedale. Si calcola che circa 400 mila anziani potrebbero morire da soli ed entro il 2040 l’onere di sostenere una persona anziana ricadrà su una famiglia su 1,5.
Secondo un rapporto dell’Ocse, l’Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico nel 2017 le spese del Giappone per l’educazione dei figli rispetto al Pil sono state dell’1,79%, al di sotto del 2,34% della media dei membri dell’Ocse. In Francia, per sesmpio, la percentuale è del 3,6%.
L’Ungheria, annotano i giornali come riferimento esemplare, per far fronte a un calo delle nascite dedica alle famiglie circa il 5% del suo Pil e le tasse scolastiche sono gratuite, le spese per le tasse azzerate alla nascita del quarto figlio.
Nessuno dei principali partiti, annotano sconsolati gli opinionisti giapponesi, ha proposto nuovi cambiamenti alle proprie politiche demografiche, quindi, concludono, il Giappone, chiaramente ha irreversibilmente intrapreso la strada della rovina.
