Sono appena stati pubblicati, dall’Istat, i dati definitivi sulle famiglie in povertà assoluta in affitto e sono dati ulteriormente drammatici.
Se sulla base dei dati pubblicati l’Istat in relazione alla povertà in Italia, nell’anno 2023, la povertà assoluta appare stabile, anche se un efficace contrasto alla povertà non dovrebbe prevedere la stabilizzazione della povertà ma una sua riduzione, all’interno dei dati quelli che riguardano le famiglie in povertà assoluta in affitto dicono altro ed è un altro pesantissimo.
In generale nel 2023 sono in condizione di povertà assoluta poco più di 2,2 milioni di famiglie (8,4% sul totale delle famiglie residenti, valore stabile rispetto al 2022, che corrispondono a quasi 5,7 milioni di individui, pari 9,7% sul totale degli individui residenti, come nell’anno precedente.
L’incidenza della povertà assoluta fra le famiglie con almeno uno straniero è pari al 30,4%, si ferma invece al 6,3% per le famiglie composte solamente da italiani.
L’incidenza di povertà relativa familiare, pari al 10,6%, è stabile rispetto al 2022; si contano oltre 2,8 milioni di famiglie sotto la soglia.
Grave appare in prospettiva la lieve crescita dell’incidenza di povertà relativa individuale che arriva al 14,5% dal 14,0% del 2022, coinvolgendo quasi 8,5 milioni di individui.
Si tenga conto che in tale quadro ancora non si evidenziano gli effetti delle 300.000 famiglie alle quali è stato impedito l’accesso al reddito di cittadinanza e all’annesso contributo affitto fino a 280 euro al mese.
Ed è infatti dal fronte delle famiglie in affitto e con presenza di minori che viene un quadro inquietante.
Se nel 2022 le famiglie in povertà assoluta in affitto erano 983.400, nel 2023 Istat afferma che sono diventate 1.031.900 quindi oltre abbondantemente il milione di famiglie.
Questo significa che in un anno 22.500 famiglie in affitto sono finite in povertà assoluta.
La fascia delle famiglie in povertà assoluta con principale portatore di reddito, tra i 18 e i 34 passano dai 134.800 del 2022 ai 156.000 del 2023; tra i 35 e i 44 anni passano da 254.300 a 259.000, una lieve riduzione si rileva nella fascia dai 45 a 54 anni, mentre la fascia tra i 55 a 64 passano dai 163.900 a 186.100, oltre i 65 anni coloro in affitto e in povertà assoluta passa da 171.200 a 197.100.
Su questi dati incide certo l’inflazione, il lavoro povero, l’assenza di offerta pubblica di alloggi a canone sociale, l’azzeramento dei fondi contributi affitto e morosità incolpevole.
Se alle famiglie in affitto in povertà assoluta aggiungiamo quelle con alloggi in proprietà e quelle che godono di un alloggio in usufrutto o uso gratuito le famiglie in povertà assoluta complessivamente passano dalle 2 milioni 186 mila 700, a 2 milioni 217 mila 200, con un aumento di 69.500 famiglie.
Se ci riferiamo solo alle famiglie con presenza di minori Istat afferma che le famiglie in povertà assoluta e in affitto erano nel 2022 il 27,1% delle famiglie in povertà, nel 2023 questo sono diventate il 31%.
Tra le famiglie in proprietà le famiglie in povertà assoluta queste nel 2022 erano il 6,4% e nel 2023 sono diminuite di poco al 6,2%. Diminuite anche le famiglie in usufrutto o uso gratuito che passano dal 12,7% al 11,2%.
Anche in riferimento alle famiglie con minori si evince come quelle in grave sofferenza, come se non bastasse essere nella condizione di povertà assoluta, sono quelle in affitto che aumentano del 3,9%.
A fronte di questi dati appare evidente che il presunto “visionario” piano casa del Ministro Salvini è fuori quadra e non affronta minimamente il fabbisogno reale, al quale prioritariamente un Governo dovrebbe riferirsi. Un fabbisogno che riguarda milioni di persone: quelle in povertà assoluta in affitto, quelle nelle graduatorie per una casa popolare, quelle con sfratto esecutivo o eseguito.
Un Piano casa, quello del Governo e a firma Salvini che, invece, intende regalare aree e immobili pubblici e Confindustria per realizzare, dicono, case per lavoratori con un affitto di 500 euro. Come se non si sapesse che anche i 500 euro di affitto mensile sono inaccessibili, appunto, ai lavoratori precari con contratti da lavoro povero, o alle 600.000 famiglie nelle graduatorie e persino a 1.031.900 famiglie in povertà assoluta.
E’ forse un caso che tra coloro in povertà assoluta in affitto aumentano le fasce di età dai 18 ai 44 anni e quelle dai 55 anni fino a oltre i 65? Quanto pesa il perseguire l’offerta di lavoro a somministrazione, precario a tempo determinato e quanto pesano i miseri importi delle pensioni in Italia?
E a fronte di un aumento significativo di famiglie in povertà assoluta in affitto che vedono la presenza di minori quale idea di stato sociale questo governo sta attuando?
L’idea che l’esclusione sociale diventa un asse strategico e azione strutturale. Dovremmo iniziare a contrastarlo duramente, senza continuare a credere ad una narrazione fatta di sola propaganda.