Tra le altre conseguenze nefaste della guerra in corso c’è l’accantonamento, o quantomeno c’è da parte dell’informazione l’oblio, delle proposte intorno alle politiche sociali, del problema della povertà nel nostro Paese. In realtà non è del tutto esatto, perchè al contrario è aumentata la paura di tutti di fare la fine dei poveri. A partire dal riscaldamento, dalla possibilità che la crisi energetica conseguente alla possibile chiusura dei rubinetti del gas russo al risultato delle sanzioni verso Mosca, la cui mancanza, non riduzione ma mancanza totale, riguarda il 10% delle famiglie italiane da prima del conflitto tra Russia e Ucraina. Come anche la riduzione del caldo che sta per arrivare, che richiede un condizionatore e della corrente elettrica.
L’Istat ci racconta che il 48,8% delle famiglie italiane ha un condizionatore, una famiglia su due, così come ci fa sapere che il 66,1% delle famiglie utilizza il metano come fonte di riscaldamento. L’unica fonte di riscaldamento che dal 2013 a oggi ha visto un incremento dei consumi è l’energia elettrica, dal 5,1 all’8,2% degli impianti. Naturalmente un grado in più o in meno sia per riscaldarsi che per refrigerarsi comporta un aumento o una diminuzione significativa della spesa, ma questa preoccupazione riguarda appunto chi il riscaldamento o il condizionatore ce l’ha, e soltanto adesso trema al pensiero di non poterne più usufruire.
Ci sono vari fattori a determinare la possibilità di una rinuncia per mancata capacità d’acquisto energetico, tra questi la presenza o meno di minori nel nucleo familiare. Secondo il Buildings Performance Institute Europe la spesa del 20% delle famiglie nella bolletta dell’elettricità per quanto riguarda il clima, sia riscaldamento che refrigerazione, si aggirava nel nostro Paese intorno al 5% della spesa complessiva familiare nel 2020, ma già in quell’anno la povertà energetica riguardava il 15% delle famiglie europee. Eurostat definisce la povertà energetica l’impossibilità da parte di famiglie o individui di procurarsi un paniere minimo di beni e servizi energetici. Come si capisce dalle cifre, la posta reale in gioco non è la diminuzione di qualche grado nel riscaldamento o nella refrigerazione ma una separazione ulteriore tra chi può accedere a riscaldamento e condizionatore e chi non ha alcun accesso alle due fonti.
L’Oipe, Osservatorio Italiano sulla Povertà Energetica, in Italia le famiglie a rischio di povertà energetica sono tra il 24 ed il 36%, circa 4 milioni di famiglie distribuite soprattutto nelle regioni meridionali. Nel 2020, circa 1,6 milioni di famiglie hanno beneficiato nei precedenti 12 mesi del bonus elettrico, uno dei principali strumenti di contrasto alla povertà energetica esistenti nel nostro paese, ma di queste soltanto su 6 era in condizione di povertà, a causa del sistema attualmente in vigore per beneficiare del provvedimento. La valutazione sull’Isee si basa sui due anni precedenti la richiesta, quindi se due anni fa avevi un lavoro e adesso l’hai perso non avrai niente nell’anno in cui non lavorando hai maggior bisogno di aiuto e non accederai alle agevolazioni. Il valore Isee di accesso ai bonus sociali elettricità e gas quest’anno si è alzato a 12.000 euro.
Il termostato dei poveri dunque non è quello legato alle temperature in casa, ma a quelle sociali e politiche che prospettano a una platea non più soltanto composta da disoccupati e poveri tradizionali ma di persone con un lavoro mal retribuito anche se a tempo indeterminato la possibilità di una caduta senza ritorno nel girone infernale della povertà permanente. La questione energetica è soltanto una parte del discorso complessivo sulla povertà che a nessuno piace ascoltare. E’ diventata però il ponte dei sospiri che separa la terraferma dei garantiti dall’acqua putrida di chi oltre all’energia non ha accesso a cibo, casa e scuola. Sembra un buon motivo per cui cominciare a discuterne tutti e non lasciare il dibattito soltanto alle associazioni laiche e religiose che in questi anni hanno cercato di evidenziare una condizione su cui tutti voltano la testa dall’altra parte finchè non ne sono colpiti.