giovedì, Settembre 19, 2024
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In Uganda e Tanzania mobilitazioni contro il megaprogetto TotalEnergies

Nonostante la repressione e il rischio di incarcerazione, le comunità in Uganda e Tanzania stanno intensificando la loro opposizione al progetto Eacop (East African Crude Oil Pipeline), un megaprogetto di TotalEnergies che sta creando enormi tensioni sociali e ambientali. Ne avevamo parlato poco tempo fa su Diogene.

L’oleodotto, lungo 1.443 chilometri, è stato progettato per trasportare il greggio estratto dalle sponde del lago Alberto in Uganda fino alla costa della Tanzania, passando attraverso vaste aree abitate da comunità rurali.

A Tanga, una cittadina costiera della Tanzania, il 29 agosto, un centinaio di persone colpite dal progetto hanno organizzato una manifestazione per chiedere un risarcimento più equo e la cessazione dei lavori.

Queste persone, in gran parte agricoltori e pescatori, lamentano il mancato rispetto delle promesse fatte da TotalEnergies, come la fornitura di razioni di cibo e denaro per compensare la perdita delle loro terre e dei loro mezzi di sussistenza.

Molti pescatori, in particolare, denunciano che la costruzione del terminale di stoccaggio e di un molo offshore lungo 2 km ha ridotto le loro zone di pesca e disturbato la fauna marina, privandoli di una fonte di reddito fondamentale.

Alcuni di loro non hanno ancora ricevuto alcun risarcimento, nonostante il cantiere abbia già avuto un impatto devastante sulle loro attività quotidiane.

In Uganda, la situazione non è meno critica. Pochi giorni prima della manifestazione di Tanga, a Hoima, il centro nevralgico del progetto minerario nell’Uganda occidentale, e a Kampala, centinaia di persone hanno protestato contro l’Eacop.

A Hoima, quasi 300 manifestanti hanno cercato di consegnare una lettera di reclamo ai rappresentanti del progetto, ma sono stati fermati dalla polizia. A Kampala, ventuno attivisti per i diritti umani e per il clima, che chiedevano una transizione giusta verso le energie rinnovabili, sono stati arrestati e posti in custodia cautelare, in attesa di essere trasferiti davanti a un giudice.

“Ksk oil gas” by Praygod mwanga is licensed under CC BY 4.0.

Questi attivisti stavano marciando verso il Parlamento e l’ambasciata cinese, due istituzioni simboliche nel contesto di questo progetto, che vede coinvolta anche la compagnia pubblica cinese Cnooc.

Il progetto Eacop ha colpito direttamente oltre 100.000 persone in Uganda e Tanzania. Le comunità locali sono state costrette a lasciare le loro terre, perdendo così le loro fonti di sussistenza, come l’agricoltura e la pesca.

Molti di loro vivono ora in condizioni di estrema precarietà, in attesa di un risarcimento che, quando arriva, è spesso insufficiente per ricostruire le loro vite.

La situazione è aggravata dalla mancanza di trasparenza nel processo di risarcimento: i dettagli su come sia stato ottenuto il consenso delle comunità e le somme effettivamente pagate restano poco chiari, alimentando critiche e risentimenti.

L’area di Kingfisher, uno dei principali siti di produzione petrolifera gestito dalla Cnooc, è particolarmente problematica. Situata al confine con la Repubblica Democratica del Congo, una regione già militarizzata e di difficile accesso a causa della presenza di numerosi gruppi armati, questa zona ha visto un’escalation di violenze e intimidazioni contro chi si oppone al progetto.

La Federazione internazionale per i diritti umani (FIDH) ha documentato numerosi casi di violenze, compresi arresti arbitrari e sparizioni forzate. Un esempio emblematico è il caso di Stefen Kwikiriza, un volontario di un’associazione locale che assiste le persone colpite dal progetto Kingfisher. Kwikiriza è stato rapito da soldati in abiti civili, detenuto in un luogo segreto per una settimana, interrogato e picchiato, prima di essere rilasciato.

Queste pratiche, che la FIDH ha definito “trattamenti inumani” e “sparizioni forzate”, violano il diritto internazionale e sottolineano la gravità della situazione.

In risposta alle critiche crescenti, TotalEnergies ha dichiarato di aver avviato “indagini su questi arresti” e ha promesso di intervenire presso le autorità locali per garantire un trattamento più umano delle persone coinvolte.

Tuttavia, queste dichiarazioni non hanno placato le preoccupazioni delle comunità e degli attivisti, che continuano a denunciare le violazioni dei diritti umani legate al progetto.

Sul fronte finanziario, il progetto Eacop, che richiede un investimento stimato di 10 miliardi di dollari, non ha ancora completato gli accordi finanziari necessari. Il 60% dell’investimento dovrebbe essere coperto da prestiti bancari, ma la campagna internazionale StopEacop ha già portato al ritiro di ventiquattro grandi banche, mettendo in discussione la sostenibilità economica del progetto.

Durante una conferenza stampa tenutasi il 21 agosto a Kampala, il ministro dell’Energia ugandese, Ruth Nankabirwa, ha suggerito che nove banche europee potrebbero unirsi a China Export Import (Exim) e China Export and Credit Insurance Corporation (Sinosure) per finalizzare il finanziamento, ma TotalEnergies non ha voluto commentare queste informazioni.

Questo contesto di conflitto e incertezza finanziaria rende ancora più evidente l’impatto devastante che Eacop sta avendo sulle comunità locali. Mentre il governo ugandese intensifica la repressione, cercando di mettere a tacere le voci dissidenti, le comunità continuano a lottare per i loro diritti.

Non sollevano questioni cruciali soltanto sulla giustizia sociale, ma anche sulla sostenibilità ambientale e la responsabilità delle grandi compagnie energetiche internazionali. Il progetto Eacop, lungi dall’essere solo un’impresa economica, si è trasformato in un simbolo delle tensioni tra sviluppo economico e diritti umani, in un contesto globale sempre più attento alle questioni di giustizia climatica e sociale.

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