venerdì, Giugno 2, 2023
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Inchiesta sulla spesa sociale nel mondo 17: il Perù

Dopo l’arresto del Presidente in carica, Pedro Castillo, destituito dopo aver tentato di sciogliere il Parlamento, il Perù sta vivendo uno dei momenti più turbolenti dell’ultimo decennio. Molte sono state in questi giorni le manifestazioni di protesta in suo favore da parte dei sostenitori, tra cui si annoverano anche sette vittime negli scontri con la polizia. Le proteste hanno portato all’occupazione dell’aeroporto della seconda città più importante del Perù, Arequipa.

Infatti, con l’elezione di Castillo, rappresentante del partito socialista Perù Libero e conosciuto per la sua vicinanza al marxismo, i più poveri avevano visto un baluardo di speranza, oltre a un lieve aumento della spesa sociale, dopo un decennio di crisi e incertezze politiche che ha portato alla rimozione degli ultimi quattro presidenti in soli cinque anni.

È impossibile negare che vi sia una ristretta cerchia che per anni ha stabilito le sorti politiche del Paese per tutelare i propri interessi economici, come è un dato di fatto che l’80% della popolazione debba spartirsi meno della metà delle risorse nazionali.

Il simbolo di questa divisione si trova proprio a Lima ed è chiamato “il muro della vergogna”. Un muro lungo 10 chilometri ed alto 3 metri, che separa letteralmente i poveri di Pamplona Alta e San Juan de Miraflores, due dei quartieri popolari più poveri, dai ricchi di Las Casurinas che dal 1985 iniziarono a costruire il muro per arginare le migrazioni dalle campagne alla città.

Basti pensare che ognuna delle 300 famiglie di Las Casurinas, una delle più esclusive comunità del Perù, versa ogni anno 320 soles per finanziare il sistema di sicurezza. Lo stipendio medio delle famiglie al di là del muro oscilla tra i 250 e i 450 soles mensili (tra gli 80 e i 120 dollari).

La povertà nel Paese è un fenomeno che dilaga da decenni. Solo nei primi anni duemila un peruviano su due era povero o indigente, con tassi che ancora oggi superano il 60% nelle aree rurali o nel meridione, come nel caso di Ayacucho (uno dei luoghi dove si registrano le maggiori richieste di sussidi), anche se il tasso di povertà nazionale è sceso al 30% nel 2018.

Ancora oggi secondo le stime della Fao (Organizzazione mondiale delle Nazioni Unite per l’alimentazione) 16,6 milioni di persone non hanno regolare accesso al cibo.

L’aspetto più preoccupante che caratterizza la povertà in Perù è quello della povertà estrema, che coinvolge più della metà dei poveri del Paese, in particolare nelle regioni rurali delle Ande dove mancano spesso servizi sanitari o talvolta anche l’acqua potabile e l’elettricità.

Nonostante le problematiche siano note alla classe dirigente da decenni, la spesa sociale rimane tra le più basse del Sudamerica, con solo il 2,7% del Prodotto interno lordo (Pil) investito in tal senso nel 2018. Di conseguenza anche il sistema ordinario di protezione sociale non risulta in grado di incidere sulle condizioni della popolazione povera, con solo il 26% della popolazione occupata tra i contribuenti dell’apparato e più della metà della popolazione in età lavorativa inserita nell’economia informale. Solo il 44% delle persone può godere di una copertura pensionistica, incluso chi riceve quella non contributiva, cioè la fascia più povera.

Un quadro già instabile, che la pandemia di Covid 19 e la guerra in Ucraina hanno contribuito ad aggravare, nonostante gli sforzi fatti dal Governo per usare i 26 miliardi di dollari (il 12% del Pil peruviano) ricevuti per fronteggiare l’emergenza.

Nel 2019 appena il 3,2% del Pil veniva investito nella sanità. L’inadeguatezza del sistema sanitario ha portato a uno dei tassi di decessi più alti al mondo per il Covid, più di 200mila persone in un paese di appena 33 milioni di abitanti. In conseguenza ai decessi il Perù ha registrato oltre 100mila orfani, di cui la maggior parte ha abbandonato la scuola e vive al momento in strada. Il 70% dei bambini in Perù non ha ad oggi un accesso regolare a un’istruzione di qualità, per la quale è necessario, il più delle volte, pagare istituti privati.

Le politiche dei versamenti straordinari di denaro, effettuati dal Governo, non sono state efficaci per fronteggiare in modo strutturale i bisogni della popolazione, come il programma “Juntos” che prevede l’erogazione di 100 soles (circa 24 euro) ogni due mesi o il “Bonus Famiglia Universale” che prevede l’erogazione di 760 soles a un solo percettore del nucleo familiare, non importa quanto numeroso sia, ogni due mesi. O ancora il Bonus 600, che prevedeva appunto 600 soles in sole due fasi alle regioni vulnerabili nelle regioni e provincie dove la povertà è più diffusa.

Tanti programmi poco strutturati e troppo poco consistenti per incidere sulla vita delle persone in difficoltà, se non per aiutarle a sopravvivere ogni tanto

L’aumento dei prezzi a causa della guerra e dell’inflazione, ai massimi storici da 24 anni, hanno aggravato in modo ulteriore la situazione.

Al di là dei meriti e degli errori di Castillo, soprattutto nel tentativo di sciogliere il parlamento in vista del suo probabile impeachment, c’è da dire che la portata delle proteste odierne simboleggia il livello estremo di malcontento raggiunto dalla popolazione causato da scelte politiche che continuano consapevolmente a penalizzare la fascia più povera e non solo per le scelte in materia economica.

Un caso emblematico riguarda infatti la sterilizzazione, avvenuta, in molti casi a loro insaputa, di oltre 300 mila donne indigene, in particolare di etnia quechua e aymara, tra il ’96 e il 2000 sotto il governo del dittatore Alberto Fujimori, condannato in seguito a trent’anni di carcere per i crimini contro l’umanità commessi durante il suo governo dal 1990 al 2000. Solo lo scorso 28 novembre la magistratura peruviana ha deciso il pieno risarcimento delle vittime sebbene per ora il provvedimento riguardi solo gli 8mila casi analizzati nel corso dei procedimenti giuridici.

Non va dimenticato che Freedom House, un’organizzazione non governativa che monitora il rispetto dei diritti civili nei paesi di tutto il mondo, ha definito nel 2022 l’apparato giudiziario del Perù l’istituzione più corrotta di tutto il Paese.

by Geraint Rowland Photography

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