domenica, Dicembre 10, 2023
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Israele, gli elettori guardano a Netanyahu ma la crisi economica scuote l’intera società

Nonostante lo storico accordo marittimo firmato con il Libano, che secondo il premier israeliano uscente Yair Lapid porterà al suo Paese il 17% dei profitti dal giacimento di Qana-Sidon, controllato dai libanesi, la sicurezza e il conflitto con i Paesi arabi confinanti non sono stati al centro dello scontro per le elezioni israeliane che si terranno martedì prossimo.

Questo non si significa che si siano fermate le violenze. Dall’inizio dell’anno sono rimasti uccisi 20 israeliani e 150 palestinesi. Duemila attivisti palestinesi sono finiti in carcere. Lapid ha deciso per la linea dura, per fronteggiare politicamente il probabile ritorno al potere dell’ex premier Benjamin Netanyahu, un anno dopo che per la prima volta un partito arabo è stato incluso in un governo israeliano. Gli arabi in Israele rappresentano un quinto della popolazione. Secondo i sondaggi però il partito di Lapid perderà molti voti e con lui quelli della coalizione che ha sostenuto il suo governo

Il Partito Arabo Musulmano durante la sua partecipazione all’esecutivo guidato da Lapid ha evitato la classica contrapposizione con il mondo ebraico, dedicandosi alla lotta alla criminalità organizzata e puntando sul miglioramento delle infrastrutture nelle aree arabe, una priorità molto concreta per i cittadini palestinesi in Israele. Ma non è bastato ad allargare i consensi tra la popolazione palestinese che, secondo i sondaggi, diserterà in gran parte le urne, scontenta della scarsa importanza data dal partito arabo all’occupazione di Cisgiordania e Gaza da parte di Israele.

Il risultato di queste elezioni, le quinte in quattro anni, resta incerto. Il leader di destra Netanyahu per tornare al governo corteggia il partito “Potere ebraico” di Itamar Ben-Gvir, di estrema destra. Ben-Gvir, condannato nel 2007 per istigazione razzista e sostegno all’organizzazione Kach, un movimento suprematista ebraico elencato come gruppo terroristico sia da Israele che dagli Stati Uniti, si sforza di non mostrarsi estremista nonostante abbia appena concluso un’alleanza con una formazione ancora più a destra della sua. E lo spostamento a destra dell’asse politico della nazione ebraica sotto la guida di Netanyahu sembra comunque l’esito più probabile della consultazione secondo gli analisti.

Ma anche un’eventuale maggioranza politica guidata da Netanyahu non sembra destinata a ottenere una maggioranza parlamentare stabile alla Knesset. L’ex premier continua a dover fronteggiare molte accuse di corruzione e il suo ruolo di leader dell’opposizione lo ha aiutato a passare come vittima. Il problema sia di Netanyahu che di Lapid è che per ottenere la maggioranza assoluta devono allearsi con piccoli partiti che anche con un solo seggio possono diventare determinanti per formare un governo.

Una buona parte dell’opinione pubblica israeliana non mostra grande interesse per queste ennesime elezioni. La crisi economica colpisce quasi tutte le famiglie del ceto medio. Tel Aviv, con i suoi prezzi in aumento degli immobili, è stata classificata lo scorso anno dalla rivista The Economist come la città più cara del mondo. L’inflazione ha raggiungo il 4,6%, la più alta da dieci anni a questa parte. Per fare un esempio degli ultimi aumenti, una scatoletta di tonno da 400 grammi arriva a costare quasi otto dollari in un supermercato medio. L’aumento del costo della vita è diventata una questione importante che non ha trovato grandi risposte negli schieramenti guidati rispettivamente da Lapid e Netanyahu. L’agenzia per la sicurezza sociale israeliana stima che nel 2021 oltre il 20% della popolazione vivesse in regime di insicurezza alimentare, ovvero privo di accesso regolare a cibo sicuro e nutriente.

Secondo gli osservatori più attenti l’elemento principale che ha caratterizzato le elezioni israeliane degli ultimi anni anzichè il livello di vita delle persone è stato una sorta di referendum intorno alla figura controversa di Netanyahu. La questione palestinese, la sicurezza interna e la crisi economica sono diventati un contorno marginalizzato dello scontro politico. E questo potrebbe spingere un alto numero d’israeliani ad astenersi dal voto. Un altro fattore che aumenta il rischio per Israele di dover di nuovo ricorrere alle urne pochi mesi dopo il voto del primo novembre prossimo.

Benjamin Netanyahu
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