mercoledì, Novembre 6, 2024
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La Fake news sei tu

Un’immagine semplificata dell’impatto tra social e utenti, immagine fornita dalla stampa in particolare, ha portato in qualche modo l’opinione pubblica a credere che chiunque tra noi sia l’obiettivo di campagne di disinformazione e false notizie in particolare su Youtube. Il recente studio statunitense “Subscriptions and external links help drive resentful”, finanziato dalla Russell Sage Foundation, dall’Anti-Defamation League, dalla Carnegie Corporation of New York e dalla National Science Foundation, dimostra che si tratta di una congettura infondata. L’esposizione a video di canali alternativi ed estremisti su YouTube, spiegano i docenti universitari che hanno condotto la ricerca, è fortemente concentrata tra un piccolo gruppo di persone che già in precedenza nutrivano un livello elevato di risentimento verso le narrazioni “ufficiali”.

Questi sono gli utenti che si iscrivono generalmente ai canali di false informazioni su Youtube, seguendo link esterni, facendo in modo che il video-social di Google consigli loro quei tipi di filmati. Al contrario, chi non frequenta abitualmente quel tipo di canali cospirazionisti raramente viene raggiunto da indicazioni o consigli o proposte del social relative ai canali più discutibili e raramente seguono il consiglio di visionarli quando vengono offerti.

Riassumendo: è molto improbabile e raro che YouTube suggerisca video complottisti o di estremismo religioso o di disinformazione scientifica a persone che non hanno mai mostrato interesse per quel genere di video. La ricerca però non assolve Youtube dalle sue responsabilità nella diffusione di quel tipo di materiale, perchè in ogni caso, tra i quattromila volontari che hanno partecipato alla ricerca, chi aveva già propensione al fanatismo senza però andare alla ricerca di materiale di propaganda, se lo vedeva comunque proporre dal video social. Andrebbe quindi rivisto tutto l’impianto ideologico diventato dominante sul rischio per “l’utente massa” di essere esposto alla disinformazione.

Non esiste un algoritmo del social per trasformare chiunque in un potenziale estremista fanatico. Esiste un problema diverso, perchè anche un ristretto numero di estremisti può provocare grossi danni sociali, ed è relativo alla possibilità di pubblicare comunque sul social, senza alcun controllo, contenuti di estremismo politico o religioso, quindi Youtube resta di fatto una piattaforma per contenuti alternativi ed estremi da distribuire a un pubblico vulnerabile. Inoltre va specificato che la ricerca è stata condotta dopo che Youtube aveva modificato nel 2020 la sua politica, introducendo avvertenze specifiche agli utenti sul potenziale dannoso dei video di disinformazione. Non tiene quindi conto dei danni sociali provocati prima di quella data.

Nel 2016, in occasione della contemporaneità tra le elezioni in Usa che portarono alla presidenza Donald Trump e il referendum in Italia voluto da Renzi per l’eliminazione del Senato, ho pubblicato un’inchiesta che dimostrava, grazie agli studi degli esperti di traffico web, come entrambi i tipi di fake news, pro o contro Trump e pro e contro Renzi, provenissero da un’unica centrale che faceva riferimento a indirizzi Ip tra il Montenegro e la Serbia. In quel caso quindi si capiva che l’interesse del veicolatore di fake news non fosse il condizionamento ideologico dell’utente ma ottenere soldi indirizzando i click sul maggior numero possibile di siti di fake news.

Un effetto collaterale di quello studio sulle fake news mostrava però, anche in quel caso, che l’utenza bersagliata era comunque un’utenza non da convincere ma già convinta e in cerca di conferme alle proprie idee. Esattamente come illustrato adesso anche dallo studio su Youtube. Inutile quindi girarci intorno, le multinazionali che gestiscono i social restano gli imperi sotto cui si svolge la vita informativa del mondo intero, ma il problema non si risolve deresponsabilizzando l’utente, come sempre più spesso avviene quando si parla d’informazione. Togliere completamente la responsabilità della gestione di acquisizione delle notizie all’utente lo rende una preda ancora più facile della disinformazione.

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