Un caso esemplare nel cuore dell’Europa. La controversa storia della miniera di Gorleben, incastonata nella regione della Bassa Sassonia, ha rappresentato per lungo tempo un capitolo significativo nel dibattito tedesco sull’energia nucleare.
Per decenni, questa cupola salina sotterranea è stata al centro di studi di fattibilità per la realizzazione di un deposito finale per rifiuti altamente radioattivi. Tuttavia, nonostante le ricerche e le costruzioni preliminari, il sito è stato alla fine escluso dalla lista dei potenziali depositi definitivi a causa delle preoccupazioni sollevate da ambientalisti e oppositori del nucleare su questioni geologiche.
Il passato di Gorleben come potenziale sito di stoccaggio si riflette negli edifici e nelle strutture che, fino a poco tempo fa, ne caratterizzavano il paesaggio: un complesso di edifici bianchi, una torre pendente e l’area di carico rappresentavano i segni tangibili di un progetto quasi portato a termine.
Ora, a seguito della decisione di escludere definitivamente Gorleben dalla ricerca di un sito adatto allo stoccaggio dei rifiuti nucleari, queste strutture sono state rimosse, segnando un cambiamento visibile nel profilo della miniera.
Le ragioni dietro questa esclusione trovano radici nelle preoccupazioni geologiche sollevate negli anni da più parti, che hanno alimentato campagne di resistenza e contestazioni pubbliche.
La Società Federale per lo Stoccaggio Finale (BGE), attuale proprietaria della miniera, ha quindi pianificato la demolizione delle strutture di superficie e il riempimento della miniera di sale sottostante, in un progetto di smantellamento che prevede il ripristino dello stato naturale dell’area.
Il compito di riportare il sale accumulato è stato affidato a un consorzio di imprese della regione della Ruhr, comprendente le aziende Redpath Deilmann di Dortmund e Thyssen Schachtbau di Mülheim an der Ruhr.
Questo processo non è semplice, considerando che le cavità della miniera sono state originariamente create tramite esplosioni e il sale estratto si è nel tempo consolidato, rendendo necessario un lavoro di fresatura per renderlo nuovamente trasportabile.
La portavoce della BGE, Monika Hotopp, ha indicato che i lavori potranno iniziare non appena saranno ottenuti i necessari permessi minerari, con l’obiettivo di iniziare il trasporto del sale sottoterra già entro l’anno corrente.
Circa 400.000 tonnellate di sale attendono di essere reimmessi nelle cavità da cui furono estratte, in un progetto che mira a restituire l’area alla natura.
Oltre alla rimozione delle strutture di superficie, il progetto di smantellamento comprende anche il recupero e la rimozione di circa 1.100 tonnellate di materiale tecnico ancora presenti sottoterra.
Tra questi vi sono sistemi di ventilazione, componenti meccanici e attrezzature di officina, che verranno recuperati o, qualora non fossero più utilizzabili, smaltiti.
Questo processo di riempimento e smantellamento, che dovrebbe concludersi entro tre anni, rappresenta un importante passo avanti nella gestione del patrimonio nucleare tedesco e riflette un cambiamento nella politica energetica del paese, sempre più orientata verso fonti rinnovabili e sostenibili.
La decisione di chiudere e smantellare la miniera di Gorleben ha ricevuto una vasta approvazione da parte della comunità locale e degli attivisti ambientali, che per anni hanno combattuto contro l’utilizzo del sito per lo stoccaggio di rifiuti nucleari.
Wolfgang Ehmke, portavoce dell’iniziativa popolare per la protezione dell’ambiente di Lüchow-Dannenberg, ha espresso soddisfazione per la decisione, vedendola come una vittoria della resistenza civile contro i piani nucleari.
Tuttavia, la questione dei rifiuti nucleari rimane aperta: la ricerca di un deposito finale sicuro e geologicamente stabile per lo stoccaggio di questi materiali altamente radioattivi è un processo complesso e che richiederà ancora decenni.
Nel frattempo, la memoria delle lotte e delle proteste di Gorleben sopravviverà, come suggerito dagli attivisti, in un segmento del muro della miniera, ricoperto di graffiti, che si auspica possa diventare un monumento a testimonianza della resistenza contro l’energia nucleare e delle sue implicazioni per l’ambiente e le future generazioni.