Il Myanmar sta attraversando una delle crisi umanitarie più gravi della sua storia recente, con quasi metà della popolazione che vive sotto la soglia di povertà, un drammatico aumento rispetto agli anni precedenti al colpo di stato militare del 2021.
Questo deterioramento delle condizioni di vita ha spinto molte persone a cercare soluzioni disperate per sopravvivere, tra cui la vendita di organi, un fenomeno che si sta diffondendo rapidamente e in modo preoccupante.
Il traffico di organi non è un problema nuovo a livello globale, ma in Myanmar ha raggiunto livelli allarmanti, alimentato dalla combinazione di estrema povertà, instabilità politica e un sistema sanitario in crisi. In particolare, la vendita di reni è diventata una pratica sempre più comune.
I venditori, spinti dalla necessità di sopravvivere, trovano acquirenti attraverso piattaforme social come Facebook, dove l’offerta e la domanda di organi vengono facilitate da intermediari.
Questi agenti organizzano viaggi verso paesi vicini come l’India, dove vengono effettuati i trapianti, nonostante la vendita di organi sia illegale sia in Myanmar che in India.
Secondo le stime dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS), il traffico di organi rappresenta circa il 10% dei trapianti eseguiti nel mondo, con una prevalenza nei paesi in via di sviluppo, dove la regolamentazione è meno rigida e la povertà spinge le persone a prendere decisioni disperate.
Nel contesto del Myanmar, questo fenomeno è stato ulteriormente aggravato dal collasso del sistema sanitario a seguito del colpo di stato militare. Gli ospedali, specialmente quelli non affiliati all’esercito, non sono più in grado di gestire le richieste di trapianti legali, lasciando spazio a un mercato nero che si sviluppa in parallelo.
La situazione in Myanmar riflette una dinamica globale in cui le disuguaglianze economiche e sociali creano le condizioni ideali per il traffico di organi. A livello internazionale, si stima che ogni anno vengano eseguiti tra i 5.000 e i 7.000 trapianti illegali, un numero che potrebbe essere significativamente più alto se si considerano le operazioni non segnalate.
La maggior parte di questi trapianti avviene in paesi asiatici, dove le normative sono più facilmente aggirabili attraverso la corruzione e la falsificazione di documenti.
L’India, uno dei principali centri per i trapianti in Asia, ha visto un aumento significativo delle operazioni legate al traffico di organi negli ultimi anni. Nonostante la legge indiana permetta la donazione di organi solo tra parenti stretti, con alcune eccezioni, la falsificazione dei documenti di parentela è diventata una pratica comune per aggirare le normative.
Le ambasciate e i comitati di autorizzazione statali, incaricati di verificare l’autenticità della documentazione, spesso chiudono un occhio di fronte a evidenti irregolarità, facilitando così il commercio illegale.
Il Myanmar, con un sistema giudiziario indebolito e un governo militare più interessato a mantenere il controllo politico che a proteggere i diritti dei cittadini, è diventato terreno fertile per questo tipo di attività illecite.
Le persone coinvolte nel traffico di organi, sia venditori che acquirenti, sono spesso consapevoli dei rischi ma sono disposte a correre il pericolo a causa della disperazione economica.
Per i venditori, la vendita di un rene può rappresentare un’opportunità per uscire momentaneamente dalla povertà, ma a lungo termine, le conseguenze per la salute sono spesso devastanti.
Le problematiche legate alla salute sono infatti una delle principali preoccupazioni per chi vende un organo. La National Kidney Foundation sottolinea che, nonostante una persona possa vivere con un solo rene, la mancanza di un organo di riserva espone il venditore a rischi significativi.
Problemi di salute a lungo termine, come insufficienza renale, ipertensione e altre complicazioni, sono comuni tra coloro che vendono i propri reni. Inoltre, la scarsità di assistenza medica adeguata in Myanmar aggrava ulteriormente queste condizioni, lasciando i venditori spesso senza il necessario supporto post-operatorio.
Il traffico di organi è alimentato anche dalla crescente domanda da parte di acquirenti provenienti da paesi più ricchi, spesso affetti da malattie renali croniche e alla ricerca disperata di un donatore compatibile.
In molti casi, i tempi di attesa per un trapianto legale possono essere di diversi anni, spingendo i pazienti a cercare soluzioni alternative nel mercato nero. La disparità economica tra i venditori, che provengono da contesti di estrema povertà, e gli acquirenti, che appartengono a classi sociali più abbienti, crea una dinamica di sfruttamento che è difficile da controllare.
Le organizzazioni internazionali stanno cercando di affrontare il problema, ma la mancanza di trasparenza e la corruzione a livello locale rendono difficile intervenire in modo efficace. L’OMS e altre ONG stanno promuovendo campagne di sensibilizzazione e programmi di supporto per ridurre la domanda di organi illegali e fornire alternative sostenibili per i pazienti in attesa di trapianto.
Tuttavia, finché persistono le condizioni di povertà estrema e instabilità politica in paesi come il Myanmar, il traffico di organi continuerà a essere un problema pressante.
Il traffico di organi in Myanmar è un fenomeno complesso e tragico, radicato in una combinazione di povertà, instabilità politica e un sistema sanitario al collasso. Sebbene la vendita di organi possa sembrare una soluzione temporanea per coloro che sono disperati, le conseguenze a lungo termine sono spesso devastanti sia per la salute fisica che mentale dei venditori.
Senza un intervento efficace a livello sia locale che internazionale, il mercato nero degli organi continuerà a prosperare, alimentato dalla disperazione di chi non vede altre vie di uscita dalla povertà.