venerdì, Giugno 2, 2023
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La soluzione finale per Julian Assange

La Corte di Westminster, a Londra, ha emesso l’ordine di estradizione per Julian Assange, il fondatore del sito WikiLeaks. Spetta ora alla ministra dell’Interno britannica, Priti Patel, approvare o meno l’estradizione di Assange negli Stati Uniti entro il 18 maggio. Adesso soltanto un improbabile ricorso all’Alta Corte potrebbe modificare la decisione, dopo che il mese scorso la Corte suprema si era rifiutata di riesaminare il caso. Ormai dal punto di vista giuridico il Regno Unito, l’ex patria del “Free Speech Corner” ha preso la sua decisione, servile nei confronti degli Usa.

Sette minuti. Tanto è durata l’udienza, la cui sentenza era già scritta da mesi, con cui si è posta la parola fine alla vita civile di Julian Assange, accusato dagli Stati Uniti di aver diffuso documenti riservati che provano i crimini di guerra commessi dai militari a stelle e strisce in Iraq e Afghanistan. Per chi non li avesse visti, si tratta in particolare di filmati dove le forze statunitensi aprono il fuoco senza provocazione alcuna uccidendo civili inermi come fossero cani. Un servizio reso al mondo civile, quello che sta scomparendo ogni giorno di più, che ha macchiato per sempre di sangue l’abito da “esportatori della democrazia” con cui le amministrazioni di Bush Jr e di Obama hanno giustificato le invasioni di Iraq e Afghanistan dopo gli attentati subiti l’11 settembre 2001.

Julian Assange è rinchiuso da tre anni nel carcere di massima sicurezza di Belmarsh, dopo essere stato espulso dall’ambasciata dell’Ecuador a Londra in cui aveva trovato rifugio quando presidente del Paese americano era Rafael Correa. Appena eletto nuovo presidente dell’Ecuador Lenin Moreno, Assange fu trascinato fuori a forza dall’ambasciata e arrestato dalle autorità inglesi. Assange è in un pessimo stato di salute non soltanto fisica da molto tempo.

Amnesty International ha dichiarato che un’eventuale approvazione della sua estradizione da parte della Ministra dell’Interno Priti Patel violerebbe il divieto di tortura e costituirebbe un precedente allarmante per pubblicisti e giornalisti di ogni parte del mondo.
Amnesty fa anche notare che se il governo di Londra consentisse a uno stato estero di esercitare giurisdizione extraterritoriale per processare una persona che ha diffuso informazioni dal Regno Unito, altri governi potrebbero sfruttare la stessa strategia giudiziaria per imprigionare giornalisti e mettere il bavaglio alla stampa anche oltre i loro confini statali.

All’udienza, che rischia di trasformarsi nella condanna a morte per Julian Assange, era presente l’ex leader laburista Jeremy Corbyn che ha dichiarato di sperare che il ministro dell’Interno britannico riconoscesse la sua “enorme responsabilità” nel difendere la libertà di parola, il giornalismo e la democrazia rilasciando Assange.

Il filmato che segue è tratto da una puntata di Presa Diretta di Riccardo Iacona sulla Rai, è una parte dell’ormai celebre filmato “Collateral Murder” reso pubblico da Wikileaks ed è la prova della strage di civili disarmati compiuta dalle forze armate Usa il 12 luglio 2007 a Baghdad.

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