giovedì, Settembre 12, 2024
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La vergogna dell’Espionage Act

Tra i più grandi abusi del sistema legale statunitense c’è l’Espionage Act, legge promulgata nel 1917, uno strumento nato per proteggere le informazioni relative alla difesa nazionale, che si è trasformato in uno strumento di intimidazione e di limitazione della libertà d’opinione.

La Corte Suprema degli Stati Uniti non si è mai pronunciata sulla costituzionalità dell’Espionage Act in merito a Edward Snowden e Julian Assange, casi per quali i giuristi ritengono che la legge sia talmente indefinita da prestarsi a qualsiasi interpretazione in sfavore dell’imputato.

Trevor Timm, direttore esecutivo della Freedom of the Press Foundation, ha affermato che “Fondamentalmente qualsiasi informazione che l’informatore o la fonte vorrebbe portare al processo per dimostrare che non sono colpevoli di aver violato l’Espionage Act, la giuria non ascolterebbe mai”.

Agli imputati infatti non è consentito utilizzare il termine “informatore”, menzionare il Primo Emendamento, sollevare la questione dell’eccessiva classificazione dei documenti o spiegare le ragioni delle loro azioni. Per generazioni è stato usato contro i comunisti americani e adesso Joe Biden lo sta usando per processare Assange.

E’ molto facile vedersi condannare all’ergastolo in base all’Espionage Act e questo spinge chi è sotto accusa a dichiararsi colpevoli di accuse minori, come la cattiva gestione di informazioni riservate, per evitare il carcere a vita. Una pacchia per i pubblici ministeri, che ottengono condanne rapide senza andare in giudizio.

Se n’è occupato su The Intercept il giornalista investigativo James Risen, premio Pulitzer e autore di numerosi libri sui servizi segreti statunitensi, ricordando che nessun tentativo per riformare questa legge è mai andato a buon fine.

In passato il senatore Ron Wyden, adesso la deputata Rashida Tlaib, entrambi democratici. Tlaib ha presentato un emendamento al bilancio del Pentagono per il 2022-23, che consentirebbe agli informatori accusati di casi di fuga di notizie di difendersi sostenendo che le loro rivelazioni ai media erano nell’interesse pubblico.

Quasi certamente però l’emendamento di Tlaib verrà respinto, prevede Risen, perchè nessuno dei deputati vorrà essere accusato di debolezza nei confronti della sicurezza nazionale.

Reality Winner

Eppure è ancora recente il caso di Reality Winner, un’attivista statunitense, arrestata per la fuga di notizie di un rapporto della Nsa sulle interferenze russe nelle elezioni del 2016 negli Stati Uniti, pubblicato proprio su The Intercept.

In modo anonimo aveva fatto sapere al giornale che l’intelligence russa aveva cercato di hackerare i sistemi di voto statale degli Stati Uniti, durante le elezioni dello scontro tra Hillary Clinton e Donald Trump, vinto dal secondo. Fu arrestata.

Mentre attendeva il processo in prigione, il comitato di intelligence del Senato pubblicò un rapporto in cui rivelava che i funzionari federali, l’intelligence, effettivamente non avevano avvertito adeguatamente i funzionari statali della minaccia ai loro sistemi di voto da parte degli hacker russi.

Ne erano venuti a conoscenza solo grazie alla pubblicazione su The Intercept delle rivelazioni di Reality Winner, un vero paradosso. Ma anche se in questo caso era dimostrata a pieno titolo l’utilità della fuga di notizie per fornire un servizio pubblico critico, non le fu permesso di utilizzare questo argomento in sua difesa nel processo basato sull’Espionage Act.

A quel punto Winner decise di dichiararsi colpevole per evitare l’ergastolo e rinchiusa nel Federal Medical Center di Carswell, a Fort Worth in Texas.

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