di Alfredo Facchini
Donne, uomini, ragazze e ragazzi e poi bambini, tanti bambini. Oltre cento persone con alle spalle lo stesso destino marchiato da carestie e guerre. Tutti stipati su di un lurido barcone.
Per salire su quel trabiccolo malmesso hanno dovuto camminare per chilometri e chilometri e poi trattare con scafisti senza scrupoli.
Dopo 16 ore in mare, il motore sbuffa, si blocca. Il barcone inizia a imbarcare acqua. Il mare non concede scampo. Il barcone affonda, portandosi dietro le vite di almeno 30 persone, anche l’esistenza di 8 bambini.
È già accaduto infinite volte. Il Mediterraneo è un cimitero liquido. Una tomba d’acqua.
All’arrivo dei soccorritori, i volontari della ong “Geo Barents”, mettono in salvo una settantina di disperati.
Tra loro una piccolina di quattro mesi. A salvarla un ragazzo che ha messo in ballo la sua vita per tenerla a galla sulla sua spalla.
Nella foto che apre questo articolo si vede un frammento di quel gesto di totale solidarietà.
«Un’immagine di una bellezza e di una forza accecante».
Lui, un giovane in fuga dal Togo, non ha esitato un attimo a sottrarre la bimba dall’acqua e poggiarsela sulla spalla, in modo che potesse rimanere in superficie.
Se non l’avesse sdraiata su un asse di legno bagnato, nessun soccorritore avrebbe potuto salvarla.
La piccola è stata rianimata e curata dal personale volontario di “Medici Senza Frontiere.
Ora la bimba si trova in un centro di detenzione a Malta insieme alla mamma, riuscita anche lei a mettersi in salvo.
Il giovane migrante ha raccontato di esser partito insieme a sei amici, nella speranza di arrivare in Europa e rifarsi una vita lontano della guerra civile, un conflitto iniziato nel maggio 2020 tra i Lamba e i Konkomba, due etnie confinanti.
Una di quelle guerre di cui si parla poco o niente, senza uno straccio di copertura mediatica. Che si ammazzino fra di loro.
Quando l’imbarcazione è affondata tutti i suoi compagni sono morti risucchiati dal mare.
«Non sono riuscito a salvarli, non li ho nemmeno visti».
La nozione di immigrato è un errore. L’immigrato è qualcuno che fa un viaggio regolare da un punto a un altro, come l’uccello migratore, appunto. Qui invece è gente che fugge dai massacri. Né sono rifugiati, perché un rifugio lo stanno cercando. Bisogna cercare una parola che non menta. Una volta che la si sarà trovata, si sarà già fatto un grande progresso. [Michel Butor]
Alfredo Facchini