Il governo italiano ha deciso di rilanciare l’energia nucleare, con l’obiettivo di costruire una nuova centrale per la prima volta in quasi quarant’anni. Il ministro delle Imprese, Adolfo Urso, ha recentemente annunciato che il quadro normativo per permettere la costruzione di centrali nucleari sarà pronto entro la fine dell’anno.
Questa mossa segna un cambio di direzione significativo per l’Italia, che aveva abbandonato il nucleare dopo i referendum del 1987 e del 2011.
Il piano del governo Meloni prevede la costruzione di centrali nucleari di terza e quarta generazione, utilizzando tecnologie sviluppate in Italia, senza dover fare affidamento su reattori importati da altri paesi. Urso ha chiarito che l’obiettivo è anche quello di esportare la tecnologia nucleare italiana in altri mercati, rafforzando così il ruolo dell’Italia nell’industria energetica internazionale.
Il progetto è ambizioso e mira a posizionare il Paese tra le nazioni all’avanguardia nel settore, puntando in particolare sui reattori di piccola scala, come i piccoli reattori modulari (SMR), considerati più sicuri e meno costosi rispetto ai reattori tradizionali.
Il ritorno dell’Italia al nucleare arriva in un contesto di crescente incertezza energetica, aggravata dalla guerra in Ucraina e dalla conseguente interruzione delle forniture di gas dalla Russia, che hanno spinto molti paesi europei a rivedere le loro politiche energetiche.
L’Italia, che dipende fortemente dall’importazione di energia, ha visto nella crisi energetica un’occasione per ridiscutere il suo mix energetico e per ridurre la sua dipendenza da fonti esterne. Il governo ha sottolineato che il nucleare rappresenta una componente fondamentale per garantire la sicurezza energetica e per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.
Tuttavia, l’Italia ha una lunga storia di opposizione al nucleare. Dopo l’incidente di Chernobyl nel 1986, un referendum del 1987 portò alla chiusura delle centrali nucleari esistenti e all’abbandono di nuovi progetti.
Nel 2011, a seguito del disastro di Fukushima, un referendum abrogativo vide il 94% degli italiani votare contro la ripresa del programma nucleare. Negli ultimi anni, però, l’atteggiamento verso questa forma di energia sembra essere cambiato, con una maggiore apertura tra l’opinione pubblica e il mondo politico, spinta dalle nuove sfide climatiche ed energetiche.
Dal punto di vista delle energie rinnovabili, l’Italia è ancora lontana dagli obiettivi fissati. Nel 2023, le rinnovabili hanno coperto solo il 37% del fabbisogno energetico, un dato ben al di sotto del target del 70% fissato per il 2030.
Questo ritardo, combinato con la crescente domanda di energia, ha rafforzato la convinzione del governo che il nucleare debba essere parte della soluzione.
Secondo il ministro delle Infrastrutture, Matteo Salvini, il nucleare rappresenta non solo una fonte di energia pulita e sicura, ma anche una risposta alle sfide poste dall’inevitabile aumento dei consumi energetici.
La costruzione di nuovi reattori comporta costi estremamente elevati: si stima che la costruzione di una centrale di grande scala possa superare i 10 miliardi di euro, senza contare i costi di manutenzione e di smaltimento delle scorie nucleari, una questione che ancora non ha trovato soluzioni definitive.
Attualmente, l’Italia è coinvolta in progetti di cooperazione con altri paesi europei per lo sviluppo di soluzioni per lo stoccaggio sicuro delle scorie nucleari, ma non esiste ancora un sito definitivo per il deposito delle scorie radioattive di bassa e media attività prodotte nel passato.
Un altro problema riguarda il tempo necessario per la costruzione delle nuove centrali. Anche con un quadro normativo pronto entro la fine del 2024, la costruzione e l’entrata in funzione di una centrale nucleare richiedono anni di lavoro.
Ad esempio, i progetti in corso in Francia e Finlandia, che mirano a costruire reattori di ultima generazione, hanno subito ritardi significativi, con tempi di realizzazione che superano i dieci anni. In questo senso, l’energia nucleare non è una soluzione immediata per i problemi di approvvigionamento energetico dell’Italia.
Al di fuori dell’Italia, molti paesi stanno riconsiderando l’energia nucleare. Gli Stati Uniti, il Regno Unito e la Francia hanno annunciato piani per ampliare le loro capacità nucleari, con un focus su reattori modulari più piccoli e tecnologie avanzate.
Anche il Giappone, nonostante il trauma di Fukushima, ha ripreso i piani per il rilancio del nucleare come parte della sua strategia per ridurre le emissioni di carbonio.
Il ritorno dell’Italia al nucleare segna una svolta nella sua politica energetica, ma non sarà privo di sfide. Se da un lato il nucleare può offrire una soluzione ai problemi di sicurezza energetica e di riduzione delle emissioni, dall’altro comporta costi elevati e questioni irrisolte, come lo smaltimento delle scorie e la sicurezza a lungo termine.
Tuttavia, il governo Meloni sembra determinato a intraprendere questo percorso, convinto che l’energia nucleare possa dare all’Italia l’indipendenza energetica necessaria per affrontare le sfide future. E non è certo che sia un’idea limitata all’attuale governo e al centrodestra.