Nel 2010 Wikileaks rivelò alcune informazioni riservate dell’esercito Usa relative al conflitto in Afghanistan. Il periodo considerato va dal gennaio 2004 al dicembre 2009, sia sotto l’amministrazione Bush che quella Obama per un totale di 92 mila rapporti del Pentagono; una quantità enorme di documenti da cui emerge un’immagine devastante di quello che è realmente successo in Afghanistan: le truppe che hanno ucciso centinaia di civili in scontri che non sono mai emersi, gli attacchi dei talebani che hanno rafforzato la Nato e hanno alimentato la guerriglia nei vicini Pakistan e Iran.
Wikileaks, non smentito, rivela che secondo un documento dell’ambasciata americana a Kabul, Ahmad Zia Massoud, vice presidente dell’Afghanistan, venne scoperto in possesso di 52 milioni di dollari in contanti che “gli è stato permesso di tenere senza rivelarne l’origine o la destinazione”. I documenti dimostrano inoltre che il Pakistan, “ostentatamente alleato degli Stati Uniti, ha permesso a funzionari dei suoi servizi segreti di incontrare direttamente i capi talebani in riunioni segreti per organizzare reti di gruppi militanti per combattere contro i soldati americani, e perfino per mettere a punto complotti per eliminare leader afghani”.

Amnesty International ha condotto indagini approfondite su 10 operazioni militari Usa, tra il 2009 e il 2013, in cui sono morti oltre 140 civili afgani, tra cui donne incinte e almeno 50 bambini. L’organizzazione per i diritti umani ha intervistato 125 testimoni, feriti e loro familiari. Nessuno dei 10 casi è stato sottoposto a indagine da parte della giustizia militare statunitense. Nemmeno i due su cui esistono prove abbondanti e schiaccianti di crimini di guerra. Il sistema di giustizia militare si basa principalmente sul racconto dei soldati Usa che hanno preso parte all’azione.
Secondo studi della Brown University statunitense le vittime civili ammonterebbero ad almeno 35 mila (https://www.milex.org/…/il-rapporto-milex-sulla-guerra…/) Di queste 35 mila vittime quasi 5 000 civili vennero uccisi nei bombardamenti statunitensi durante il primo anno di guerra.
Nel 2020 un’indagine del giudice militare Paul Brereton ha rivelato che dal 2005 al 2016 si sono verificati 39 casi di uccisioni ingiustificate non in combattimento nei confronti di civili afgani da parte delle truppe australiane dei Sas-Australian Special Air Service Regiment. Si riportano anche sgozzamenti di minorenni.
Nel dicembre 2001 almeno la metà dei 7 500 prigionieri talebani sopravvissuti alla rivolta nel carcere di Qala-i Jangi è morta soffocata nei camion portacontainer che li trasferivano al carcere di Sheberghan, sotto il sole cocente. Sotterrati in fosse comuni nel deserto di Dasht-e Leili.
Dal 2002 la Cia autorizzò la tortura sui prigionieri. Waterboarding, percosse, prigionieri incatenati e in piedi, cella fredda e acqua addosso al prigioniero nudo, subito dopo cella a temperatura molto calda, heavy metal a volume altissimo per giornate intere. Queste torture sono state ripetute fino a quando la vittima non acconsentiva a fornire informazioni, spesso inventate, o a firmare una confessione redatta dai torturatori. Gli Stati Uniti utilizzarono queste tecniche in una prigione segreta di Kabul.

Nel 2004 il gruppo per la difesa dei diritti umani Human Rights Watch pubblicò un rapporto intitolato “Enduring Freedom – Abusi delle forze statunitensi in Afghanistan”. Nel 2005 l’American Civil Liberties Union pubblicò documenti ottenuti dall’esercito statunitense, che mostravano che, dopo lo scandalo di Abū Ghurayb, l’esercito statunitense in Afghanistan aveva distrutto fotografie che documentavano l’abuso sui prigionieri in loro custodia.
Il 4 marzo 2007, almeno 12 civili furono uccisi e 33 rimasero feriti da Marines statunitensi nel distretto di Shinwar nella provincia di Nangrahar dell’Afghanistan. I marines colpirono con raffiche di mitragliatrice semplici passanti lungo tutte le 10 miglia della strada.
Nel luglio del 2000 i Talebani misero al bando la coltivazione dell’oppio nelle aeree sotto il loro controllo, cosa che non ne impedì la coltivazione illegale ma, già l’anno successivo, portò a una riduzione del raccolto del 94%. Poco dopo l’invasione dell’Afghanistan a guida statunitense del 2001 la produzione di oppio incrementò nuovamente e nel 2005 l’Afghanistan aveva riconquistato la sua posizione di primo produttore mondiale di oppio e produceva il 90% dell’oppio mondiale. In sostanza i produttori e trafficanti d’oppio hanno agito dall’interno della coalizione di occupazione statunitense dell’Afghanistan. L’ex presidente fantoccio Karzai ha aiutato i trafficanti di droga a scappare dalla giustizia, ha graziato 5 poliziotti impegnati a smerciare droga e ha permesso l’arresto di un sindaco che denunciava la corruzione. Lo scrive nell’agosto del 2009 l’ambasciatore Usa a Kabul in un rapporto ufficiale. Karzai è tornato alla ribalta in questi giorni come possibile “mediatore” con i Talebani.

A dicembre 2009 erano presenti circa 104 000 mercenari, o milizie private, generalmente per conto del governo degli Stati Uniti d’America. Tuttavia in seguito diventeranno 160 mila, risultando così la forza militare più numerosa nel paese.
Non c’è nessun bilancio ufficiale sulle perdite totali di miliziani tra talebani e altri gruppi armati, ci sono stime di parte che danno un risultato credibile intorno ai 50 mila morti. 170 mila invece sarebbero le vittime complessive afghane dall’inizio della guerra.
