Non poteva essere che lui, Elon Musk, a inventarsi una trovata del genere: in un’America già divisa e in ebollizione per le prossime elezioni presidenziali, l’eclettico miliardario ha lanciato l’idea di regalare un milione di dollari… agli elettori!
Ma c’è un piccolo dettaglio: si tratterà di una lotteria riservata a coloro che parteciperanno alle donazioni per la campagna elettorale di Donald Trump. Una strategia di finanziamento decisamente fuori dal comune, un mix tra la Silicon Valley e Las Vegas. Il punto è: questo è un geniale incentivo elettorale o una pericolosa deriva?
A dire il vero, il concetto di lotterie elettorali non è proprio una novità negli USA. Negli anni, si sono viste donazioni che offrivano premi e gadget in cambio di contributi. Ma Musk, noto per trasformare ogni idea in una sorta di rivoluzione, ha deciso di elevare il tutto a un altro livello.
Uno stravagante precedente fu quello di un concorso lanciato nel 2012 da Barack Obama, che offriva la possibilità di cenare con lui. E se una cena con Obama sembrava già un premio memorabile, Musk non ha badato a spese: un milione di dollari suona decisamente meglio.
Ma qui entra in gioco la vera bizzarria del duo Trump-Musk. Da un lato abbiamo Donald Trump, uomo di affari rozzo e spregiudicato, che ha costruito la sua carriera politica sulla promessa di “drain the swamp” (“prosciuga la palude”, frase idiomatica della politica Usa per indicare la riduzione del peso delle lobby) e sui discorsi infiammati. Dall’altro c’è Musk, l’imprenditore che sogna di colonizzare Marte, reinventare i trasporti e rivoluzionare l’energia. Cosa li unisce, a parte la smania di essere protagonisti?
Di certo, vedere Musk alleato a Trump in una campagna elettorale ha qualcosa di surreale: un po’ come se Picasso avesse dipinto una natura morta in stile fast food.
E se pensi che tutto ciò sarebbe impossibile in Italia, hai ragione. Qui da noi, una simile proposta non solo sarebbe vista con sospetto, ma sarebbe illegale. La legge italiana, infatti, vieta esplicitamente il voto di scambio.
Ma torniamo a Musk. Dopotutto, perché fermarsi al milione? Immaginiamo un mondo in cui Musk rivoluzioni anche altre dinamiche elettorali: forse il prossimo premio sarà una Tesla nuova di zecca per ogni elettore o, perché no, un biglietto per un volo inaugurale verso Marte.
O magari, con un pizzico di spirito, ogni elettore potrà vincere un’azione di Twitter (o X, come ama chiamarlo ora). E perché non spingersi oltre? Se doni abbastanza, potresti persino avere il privilegio di aiutare a scegliere il prossimo presidente… direttamente dalla navicella spaziale di Musk!
Ma oltre la provocazione, la riflessione ci porta a un punto cruciale: il rischio di trasformare la democrazia in una gigantesca S.p.A. dove i ricchi detengono la maggioranza delle azioni. In parte, questo accade già: nelle società capitaliste, chi possiede più denaro ha più influenza. La politica diventa un gioco per pochi, mentre il resto della popolazione rimane spettatore. Chi contribuisce di più decide di più.
Immagina uno Stato in cui chi possiede più risorse determina non solo le sorti economiche, ma anche quelle politiche, comprando voti attraverso lotterie milionarie o incentivi mascherati. La democrazia degenererebbe in un sistema in cui l’influenza politica è direttamente proporzionale al capitale.
L’idea di Musk diventa così lo specchio di una possibile distopia: un futuro in cui non è più la volontà popolare a scegliere i leader, ma la capacità economica di investire sulla politica, come si farebbe con un’azienda. Oddio … futuro … forse è già il presente
E forse, a questo punto, la capitale degli Stati Uniti dovrebbe spostarsi a Las Vegas, città del gioco d’azzardo, piuttosto che restare nella noiosa Washington. Perché, in fondo, tutto è diventato una scommessa.