All’inizio del 2024, l’Italia si trova a fronteggiare una sottile contrazione demografica, con una popolazione che si attesta a circa 58,99 milioni di residenti. Questo dato, rivelato dai numeri preliminari forniti dall’Istat, indica un decremento di 7.000 individui rispetto all’anno precedente, riflettendo una variazione di -0,1 per mille.
Tale andamento dimostra un rallentamento nella riduzione della popolazione, un fenomeno che ha interessato l’Italia negli ultimi anni, soprattutto dal 2014 al 2021, con una media annua di -2,8 per mille. La stabilizzazione demografica attuale è principalmente attribuita agli apporti migratori dall’estero, che hanno parzialmente compensato il calo nativo.
La variazione demografica, tuttavia, non è uniforme su tutto il territorio nazionale. Mentre il Centro Italia mostra un’essenziale stabilità demografica, il Mezzogiorno evidenzia un marcato declino, e il Nord si contraddistingue per una crescita della popolazione.
In dettaglio, il Trentino-Alto Adige, la Lombardia e l’Emilia-Romagna registrano i maggiori incrementi, mentre la Basilicata e la Sardegna sperimentano le più significative perdite di residenti.
Queste dinamiche regionali offrono uno spaccato della diversificata realtà demografica italiana, con alcune aree che attraggono nuovi abitanti e altre che invece ne vedono una fuga.
Sul fronte della natalità, il 2023 segna un nuovo record negativo per l’Italia, con soli 379.000 bambini nati, continuando una tendenza alla diminuzione iniziata nel 2008. Questo rappresenta l’undicesimo anno consecutivo di calo delle nascite, un fenomeno che riflette sia una contrazione della fecondità sia un ridimensionamento della popolazione femminile in età fertile, passata da 13,8 milioni nel 2004 a 11,5 milioni all’inizio del 2024.
Il tasso di fecondità medio scende ulteriormente, attestandosi a 1,20 figli per donna, vicino al minimo storico di 1,19 del 1995. Questa diminuzione riguarda tanto i nati da cittadini italiani quanto quelli da stranieri, con questi ultimi che rappresentano il 13,3% del totale dei neonati.
Parallelamente, il 2023 ha visto un decremento degli decessi e un conseguente aumento della speranza di vita alla nascita, che raggiunge i 83,1 anni, recuperando i livelli pre-pandemici tra gli uomini ma non completamente tra le donne.
Questo progresso nel benessere e nella longevità testimonia gli avanzamenti nel settore sanitario e nelle condizioni di vita, nonostante il persistente invecchiamento della popolazione.
La componente straniera residente in Italia, che al 1° gennaio 2024 ammonta a circa 5,3 milioni di individui, sottolinea l’importanza delle migrazioni nel modellare il panorama demografico del paese.
Con il 58,6% degli stranieri residenti nel Nord, queste dinamiche migratorie non solo contribuiscono a sostenere la popolazione complessiva ma anche a mitigare l’invecchiamento demografico, pur avendo un impatto progressivamente minore sui tassi di fecondità.
L’invecchiamento della popolazione è un tema centrale, con un’età media che si attesta a 46,6 anni e una popolazione ultrasessantacinquenne che rappresenta oltre il 24% del totale. Il numero di ultraottantenni, superiore a quello dei bambini sotto i 10 anni, e il record di ultracentenari sottolineano il crescente peso degli anziani nel tessuto sociale e demografico italiano.
Questi dati, insieme alle disparità regionali nella fecondità e nell’invecchiamento, delineano le sfide e le opportunità che l’Italia dovrà affrontare nel prossimo futuro, stimolando riflessioni sulle politiche sociali, sanitarie e migratorie necessarie per rispondere a tali dinamiche.