di Riccardo Fiore
Nel 2006 scelsi di scappare da tutti i santi di un sud-est all’epoca già pieno solo di becero turismo estivo e che nulla offriva di più intrigante. Gli amici più grandi, la facoltà che mi interessava e la fama della Bologna studentesca, vivace, piena di fermento culturale, con le tante associazioni, la tanta musica e le più attraenti iniziative fecero il resto.
Con un ex treno-notte dopo undici ore arrivai nella patria della mortadella. Mio padre, normalissimo dipendente comunale, sosteneva il mio vitto e alloggio e io con qualche lavoretto e qualche concertino con gli amici provavo difficilmente ad arrivare a fine mese. Era il 2006. Una doppia in centro, come quella che trovai io, costava 220 euro mentre i più fortunati per la somma di 300/350 euro avevano addirittura spaziose e luminose camere singole.
Si frequentavano bar, circoli, centri sociali e le serate, tra qualche ballo, qualche chiacchiera e un po’ di risate filavano quasi sempre lisce. Si spendeva poco e gli studenti erano anche meno agitati. Due tre volte al mese potevi permetterti anche la pizza fuori e tutto sommato non erano grosse bastonate.
Non c’era bisogno di caparre a tre zeri o esagerate fidejussioni bancarie dei genitori e si trovano con facilità appartamenti a buoni prezzi da condividere con altri studenti. Il costo della vita e l’inflazione non erano quelli attuali e la Bologna cantata e raccontata un pò da cantanti e scrittori era l’isola felice per i tanti fuori sede, lavoratori o studenti, che arricchivano, per poter vivere, le tasche dei tanti proprietari bolognesi con il cuore a sinistra ma il portafogli sempre a destra.
Passano gli anni e la grassa Bologna pian piano si trasforma. Diventa una delle città più “rincarate” della nostra penisola con affitti che iniziano a gonfiarsi come il pane di lievito madre. I sindaci, le amministrazioni, e i comitati dei residenti (non fuori-sede) iniziano a stroncare la vita culturale.
Chiudono i circoli e le associazioni, che non riescono a rinnovare i contratti di affitti di locazione alle stesse condizioni, chiudo i centri sociali (non istituzionalizzati in accordo con il comune) ostacolati da giunte democristiane e spuntano invece come fioriti crisantemi cimiteriali b&b, studentati di lusso e ristorantini gourmet.
Ecco finalmente il fatto compiuto. Nasce così la città bomboniera. Il turismo da fine settimana, l’incremento dei voli settimanali sul piccolo aeroporto cittadino, i pranzi e le cene dove per mangiare non serve solo prenotare con largo anticipo ma serve anche avere un dignitoso stipendio.
Dignitoso come la ex Bologna che pian piano sta sparendo tra studenti che non trovano posto per dormire, scantinati o corridoi inagibili che vengono spacciati come camere, singole affittate anche a 700/800 euro (le doppie non meno di 550), fette di mortadella tra un piccolo e sbriciolato pane ferrarese che può costare anche tra i 6 e i 7 euro. I turisti sono contenti, i bottegai esultano e felici sono soprattutto i bolognesi proprietari di quattro fradice mura che affittano da sciacalli o che creano b&b con soffici asciugamani inamidati e piegati magistralmente ai piedi dei letti.
Ormai qui funziona così. Si pensa prima alla “pilla” dei turisti come si dice da queste parti per indicare il denaro e dopo, chi non ha voglia di cambiare lenzuola in affitto, pensa alla locazione studentesca.
I fuori sede più fortunati si salvano ringraziando qualche dio sconosciuto trovando ancora qualche locatore che sa ancora mettersi una mano non solo sul borsellino ma anche e soprattutto prima sul cuore.
Il Comune prende tempo, la Regione prende tempo, l’Università prende tempo e il sindaco intanto dichiara che neanche lui riesce a trovar casa nella sua bella e “progressista” Bologna.
Il discorso è semplice e sempre lo stesso: come fa ad aumentare tutto mentre borse di studio per gli studenti e stipendi per i lavoratori rimangono quasi uguali? Una domanda banalissima ma di difficile risposta.
Molti con cui discuto di questo mi chiedono: – allora cosa ci fai ancora a Bologna? A volte me lo chiedo anche io ma spesso rispondo e dico: – sono qui, contro le mie spese, perché da sempre troppo curioso. Troppo curioso di vedere come scoppia una bomboniera ripiena di mortadella.
Riccardo Fiore