sabato, Settembre 23, 2023
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Ricorso alla Corte Europea per le condizioni dei braccianti in Basilicata

Ci siamo occupati pochi giorni fa del Rapporto “Le condizioni abitative dei migranti che lavorano nel settore agroalimentare”, di Anci e Ministero del Lavoro, una fotografia impietosa dei circa diecimila migranti sfruttati e senza diritti che lavorano nelle campagne italiane. Oggi torniamo a parlare della questione migranti e agricoltura occupandoci in particolare della Basilicata, dove l’Adu, Associazione diritti umani, ha presentato ricorso alla Corte europea per i diritti umani in merito alle condizioni inaccettabili per un consorzio civile in cui vivono circa duemila migranti.

I braccianti, africani in particolare, vivono in assoluto degrado in Basilicata. Sono ammassati in casolari abbandonati, veri tuguri, con un materasso buttato in terra, pericolose bombole del gas con cui cucinare, senza elettricità e spesso senza acqua, subendo violenze di tutti i tipi da caporali e datori di lavoro che senza vergogna si definiscono imprenditori. Un’inchiesta dello scorso anno valutava in 3,5 miliardi di euro il fatturato dell’industria che alimentano, con paghe che talvolta non raggiungono i 3 euro l’ora e turni di lavoro da 12 ore giornaliere.

La Flai-Cgil della regione lucana già da molto tempo denuncia questa situazione, inascoltata. Questi casolari sull’orlo del crollo si trovano in particolare nel ghetto di Boreano in provincia di Potenza, senza porte né finestre, senza arredi. L’acqua è presa dalle fontane ed ammassata in barili, accanto ai cumuli d’immondizia accumulata da mesi. La legge regionale 13/2016 in materia di accoglienza prevedeva l’eliminazione dello sfruttamento e dei ghetti ma è naturalmente inattuata, non esiste nessuna programmazione della Regione.

Accanto alla responsabilità politica, dichiara l’avvocato Angela Bitonti, presidente dell’Adu, c’è anche una responsabilità giuridica, perché l’Italia ha sottoscritto la Convenzione europea dei diritti dell’uomo. L’articolo 3 della Convenzione prevede che nessuno sia sottoposto a condizioni disumane, ma le condizioni di questi braccianti sono ai limiti della disumanità e determinate da omissioni dello Stato. In base a queste motivazioni l’associazione ha presentato il suo ricorso alla Corte Europea dei diritti dell’uomo.

Nel 90% dei casi si tratta di persone in regola con i permessi di soggiorno e di lavoro, ma lo Stato non si cura di loro e la sua assenza è il terreno fertile su cui prosperano le mafie che lucrano in maniera enorme su questo settore dell’economia lucana. Ogni volta che un pomodoro viene messo sulla tavola di una famiglia non bisogna considerare il costo monetario ma quello umano che c’è dietro. A poche decine di chilometri da Foggia si trova il cuore della produzione di pomodoro da industria, oltre un terzo del totale dei pomodori prodotti in Italia.

In Basilicata i migranti arrivano proprio dalla Puglia o dalla Campania per cercare lavoro. Nelle condizioni che abbiamo elencato e con l’omertà d’industria e politica che voltano la testa dall’altra parte, in violazione dei più elementari diritti umani.

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