domenica, Settembre 8, 2024
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Silicon Valley preme su Harris contro la super tassa per i ricchi

Negli ultimi mesi, la vicepresidente Kamala Harris si è trovata al centro di un dibattito acceso all’interno del Partito Democratico riguardo alla proposta di tassazione per i super-ricchi. Harris, un tempo rappresentante della Silicon Valley come senatrice della California, ha ricevuto pressioni da parte dei suoi donatori, tra cui importanti figure della Silicon Valley e di Wall Street, affinché riconsideri il suo sostegno alla cosiddetta “imposta minima sul reddito dei miliardari”.

Questa proposta, parte dell’ultimo bilancio presentato dall’amministrazione Biden, richiederebbe agli americani con un patrimonio di almeno 100 milioni di dollari di pagare una tassa del 25% sui guadagni non realizzati, ossia sugli apprezzamenti di valore degli asset anche se non venduti.

Secondo quanto riportato, alcuni donatori, che hanno contribuito in modo significativo alla campagna di Harris, hanno espresso la loro preoccupazione direttamente ai consulenti della campagna e persino alla stessa Harris, suggerendo che la tassa potrebbe avere un impatto negativo sulla capacità degli ultra-ricchi di utilizzare la propria ricchezza come garanzia per prestiti.

Questo tipo di finanziamento è comune tra i dirigenti tecnologici della Silicon Valley, che spesso finanziano il loro stile di vita tramite prestiti garantiti dalle azioni che possiedono nelle loro aziende, senza dover vendere e quindi senza dover pagare tasse su di esse.

Il rapporto tra la Silicon Valley e il Partito Democratico è ben consolidato, con molti dei principali leader tecnologici che hanno storicamente sostenuto candidati democratici attraverso ingenti donazioni. Tuttavia, questa relazione non è priva di tensioni.

“Silicon Valley from above” by Nouhailler is licensed under CC BY-SA 2.0.

L’ascesa di Kamala Harris, che ha rappresentato la Silicon Valley come senatrice, è stata accolta con favore dai leader tecnologici, che vedono in lei una potenziale alleata. Harris, infatti, ha adottato un approccio più moderato rispetto a Biden su alcune questioni economiche, guadagnandosi il sostegno di molti donatori che sperano di influenzare le politiche fiscali della candidata.

Tra i donatori di Harris spiccano nomi come Reid Hoffman, fondatore di LinkedIn, e Vinod Khosla di Khosla Ventures, che hanno espresso preoccupazioni riguardo alla proposta di tassare i guadagni non realizzati, temendo che ciò possa soffocare l’innovazione.

Nonostante queste preoccupazioni, la campagna di Harris ha cercato di rassicurare i leader aziendali, spiegando che la tassa si applicherebbe solo a una piccola fetta di americani ultra-ricchi e potrebbe essere ritardata per investimenti difficili da liquidare.

Dall’altra parte dello spettro politico, Donald Trump ha avuto un rapporto notoriamente difficile con la Silicon Valley. Durante la sua presidenza, Trump ha criticato ripetutamente le grandi aziende tecnologiche, accusandole di censurare i conservatori e di esercitare un potere eccessivo sull’economia e sulla società americana.

Di conseguenza, la Silicon Valley ha generalmente favorito i candidati democratici, visti come più allineati ai valori progressisti e alle politiche economiche favorevoli all’innovazione e all’imprenditorialità.

Mentre alcuni settori della Silicon Valley, come la comunità delle criptovalute, hanno mostrato simpatia per alcune delle politiche di deregolamentazione promosse da Trump, nel complesso il sostegno al magnate repubblicano è stato limitato.

Le sue politiche fiscali, sebbene favorevoli alle imprese in generale, non hanno suscitato lo stesso entusiasmo tra i leader tecnologici rispetto a quelle proposte da amministrazioni democratiche, che tendono a promuovere un maggiore investimento in infrastrutture tecnologiche e innovazione.

Kamala Harris si trova quindi a dover bilanciare le aspettative dei suoi donatori della Silicon Valley con quelle dell’ala progressista del Partito Democratico, che spinge per una maggiore equità fiscale. La sua posizione su queste questioni potrebbe avere un impatto significativo sul suo successo elettorale e sul futuro delle politiche fiscali negli Stati Uniti.

Mentre la proposta di un’imposta minima sul reddito dei miliardari affronta un percorso incerto al Congresso, Harris dovrà navigare attentamente tra le pressioni interne ed esterne per mantenere il sostegno sia dei leader aziendali che della base progressista del suo partito.

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