Nel Corno d’Africa, il Somaliland segna una svolta storica con il primo cambio di potere democratico dall’indipendenza non riconosciuta del 1991. Il presidente uscente Muse Bihi ha ammesso la sconfitta contro Abdirahman Abdullahi, candidato del partito d’opposizione Waddani. Il passaggio di consegne avverrà il 13 dicembre, quando il Partito per la Pace, l’Unità e lo Sviluppo (Kulmiye) cederà il potere dopo sei anni.
Un cambio politico cruciale
Abdirahman Abdullahi, ex ambasciatore della Somalia in Unione Sovietica e figura moderata, promette una leadership più diplomatica rispetto al predecessore. Durante la campagna elettorale, ha criticato il controverso accordo militare tra Somaliland ed Etiopia, che include l’accesso della marina etiope al porto strategico di Berbera. L’intesa ha provocato tensioni con la Somalia, che a sua volta ha stretto un’alleanza con l’Egitto, aumentando il rischio di una guerra regionale.
Il Kulmiye, al potere dal 2017, è stato accusato di autoritarismo e di aver alimentato divisioni interne. Negli ultimi anni, il governo ha perso il controllo delle aree orientali del paese a causa di conflitti locali, sollevando dubbi sulla stabilità del Somaliland. Abdullahi dovrà affrontare il compito di ricostruire l’unità interna e mantenere la sicurezza in una regione altamente instabile.
Economia in gravi condizioni
L’economia del Somaliland, basata principalmente sull’agricoltura e l’allevamento, è stata gravemente colpita dalla siccità e dall’instabilità politica. Secondo i dati più recenti, oltre il 70% della popolazione vive sotto la soglia di povertà, con un accesso limitato a servizi essenziali come acqua potabile e istruzione. La disoccupazione giovanile supera il 60%, aggravando il rischio di migrazione e radicalizzazione.
Nonostante queste difficoltà, il porto di Berbera rappresenta una risorsa chiave per il paese. L’accordo con Dubai Ports World per l’espansione del porto ha migliorato la capacità logistica, attirando investimenti e rafforzando i legami commerciali con Etiopia e Yemen. Tuttavia, l’implicazione di attori internazionali nella gestione del porto solleva timori di ingerenze straniere e possibili coinvolgimenti in conflitti regionali.
Povertà e interventi necessari
L’insicurezza alimentare è una delle principali emergenze: circa il 40% della popolazione necessita di assistenza umanitaria, secondo l’UNICEF. Le organizzazioni internazionali hanno sottolineato la necessità di interventi strutturali per affrontare la crisi climatica, che ha devastato raccolti e risorse idriche. Tuttavia, la mancanza di riconoscimento internazionale limita l’accesso del Somaliland a finanziamenti multilaterali, rendendo il paese dipendente da donazioni e rimesse della diaspora.
In questo contesto, le elezioni rappresentano una rara occasione per rafforzare la fiducia interna e attirare l’attenzione internazionale. Abdullahi ha promesso di negoziare con la Somalia “come due parti uguali”, cercando un riconoscimento diplomatico che potrebbe sbloccare nuove opportunità economiche e politiche.
Rischi regionali
La transizione politica arriva in un momento di crescente tensione nel Corno d’Africa. La rivalità tra Etiopia, Somalia ed Egitto potrebbe trascinare il Somaliland in un conflitto più ampio, specialmente a causa della sua posizione strategica lungo le rotte marittime. La comunità internazionale, inclusa l’Unione Europea, potrebbe svolgere un ruolo cruciale nel mediare negoziati e sostenere il nuovo governo.
Il Somaliland, pur non riconosciuto ufficialmente, continua a distinguersi nella regione per il suo processo democratico e la relativa stabilità rispetto alla vicina Somalia. Tuttavia, le sfide economiche, sociali e geopolitiche restano enormi, rendendo essenziale un approccio equilibrato e inclusivo da parte del nuovo presidente.