Ha appena lasciato Taipei la speaker della camera dei rappresentanti statunitense, Nancy Pelosi, e la Cina, primo partner commerciale di Taiwan con una quota che supera il 26% del commercio totale, non perde tempo nel rimarcare la sua posizione ostile nei confronti della collaborazione tra l’isola autonoma e gli Stati Uniti, facendo sfilare i propri carri armati sulle spiagge di Xiamen, di fronte alla costa taiwanese, in un atto di forza dimostrativo.
Anche se la Pelosi ha ribadito il sostegno statunitense a Taipei in queste ultime ore, non è per amor della democrazia che la presenza degli Usa si mostra oggi così incisiva nel territorio e nelle questioni politiche. E i motivi sono principalmente economici, anche se agli Usa piace molto far di necessità virtù.
Taiwan infatti grazie alle sue fonderie e a colossi come la Taiwan Semiconductor Manufacturing Co (Tsmc) controlla la più grande produzione di chip, i più avanzati ed efficienti al mondo, con l’84% della produzione globale, oltre a controllare il 10% delle spedizioni via mare grazie a due dei porti più grandi al mondo, quelli di Taipei e Kao –hsiung.
I chip sono componenti fondamentali per numerose industrie, dall’informatica al settore automobilistico, per la produzione di macchinari medici, beni ad alta tecnologia, attrezzature meccaniche e addirittura per le caffettiere. La crisi dell’approvvigionamento a causa della pandemia ha rischiato di mettere in crisi il mercato globale.
Non è un caso che il viaggio di Pelosi sia avvenuto pochi giorni dopo che gli Usa hanno approvato, nel quadro della carenza globale dei semiconduttori, il “Chips and Science Act”, una legge con caratteri protezionisti per tentare di attirare la produzione di chip nel territorio americano, mentre cresce il dominio della Cina nelle principali catene di approvvigionamento globale come per i metalli, i pannelli fotovoltaici e le industrie farmaceutiche.
Nel sistema liberista l’intervento dello Stato è considerato sempre negativo da chi fa affari, ma in questo caso il sostegno per il finanziamento di industrie strategiche è arrivato sia dai democratici che dai repubblicani.
La legge prevede che il governo possa scegliere quali aziende impegnate nella produzione di chip sostenere, con finanziamenti per la ricerca scientifica nei settori della robotica, dell’intelligenza artificiale e dell’informatica quantistica di 200 miliardi di dollari, e fino a 52 miliardi di dollari in sussidi per qualsiasi produttore globale che voglia stabilire i propri impianti di produzione negli Stati Uniti.
Già l’azienda taiwanese MediaTek ha raggiunto una partnership strategica con la californiana Intel, per cui la prima produrrà i suoi chip negli stabilimenti di quest’ultima. Intel in precedenza aveva detto ai funzionari del Dipartimento del Commercio che stava considerando di espandere la sua capacità produttiva di chip rilevando una fabbrica abbandonata a Chengdu, in Cina, accantonando il piano che avrebbe rappresentato un vantaggio per la Cina, dopo le critiche riscosse a causa della competizione tra i due stati.
Questo ha fatto sì che l’attenzione del governo si sia spostata sulla produzione locale, da anni trascurata in favore della decentralizzazione delle aziende strategiche in paesi dove il costo del lavoro è molto più basso, da cui però traevano benefici soprattutto i privati e i partner commerciali dello stato dove avveniva la produzione.
Il gigante taiwanese Tsmc ha invece annunciato la costruzione di un nuovo impianto a Phoenix, in Arizona, per un investimento di 12 miliardi di dollari.
Tutto ciò provoca l’irritazione di Pechino che continua a minacciare Taiwan vagheggiando un ipotetico intervento militare. Ma è chiaro come sia la Cina che gli Usa hanno forti interessi a non ostacolare le operazioni commerciali nel Mar Cinese meridionale, uno dei poli più attivi nel globo.
Taiwan è così contesa, con la scusa dell’egemonia politica da una parte, e dell’indipendenza dall’altra, tra Cina e Stati Uniti come ci si contende un boccone ghiotto e poco importa ad entrambi i lati delle condizioni o della libertà della sua popolazione.
Oltre all’industria dei chip Taipei è il maggior produttore mondiale di telai in carbonio per biciclette, attrezzature ottiche e mediche. Perché se l’America ritiene così importante riportare la produzione sul proprio territorio, non dovrebbe anche Taiwan dare priorità agli stabilimenti in loco? Purtroppo come spesso avviene gli interessi davvero dominanti sono quelli stabiliti dalle grandi multinazionali private, aiutati dai governi.