L’inflazione galoppante degli ultimi anni continua a colpire duramente il potere d’acquisto delle famiglie italiane, ma è l’aumento esponenziale dei prezzi dei beni di prima necessità che rappresenta oggi la maggiore fonte di vulnerabilità per le famiglie.
Secondo i dati più recenti dell’Istat, il costo della vita per alimenti, energia e spese domestiche è cresciuto ben oltre il tasso d’inflazione generale. Questo rincaro colpisce in particolare i nuclei a basso reddito, costretti a tagliare su spese vitali come la salute e l’istruzione.
Se un tempo le famiglie potevano risparmiare su spese non essenziali, oggi il problema si è spostato su necessità fondamentali. La spesa alimentare, ad esempio, è aumentata del 10% nell’ultimo anno, e le bollette dell’energia elettrica e del gas hanno registrato incrementi ancora maggiori, rendendo difficile per molte famiglie arrivare a fine mese.
Questo ha portato a una crescente rinuncia alle cure mediche: il 10% degli italiani ha posticipato o rinunciato a visite mediche e trattamenti importanti. Tra le famiglie povere, questa percentuale è ancora più alta, con molti che scelgono di pagare le bollette piuttosto che affrontare le spese sanitarie.
Il settore dell’istruzione è un altro aspetto gravemente colpito. Le famiglie stanno tagliando drasticamente le spese per materiali scolastici, corsi extra e doposcuola, con un impatto diretto sulle prospettive future dei bambini.
Secondo l’OCSE, il 15% degli studenti italiani non ha accesso a strumenti didattici adeguati, come computer o una connessione internet stabile. Questo acuisce le disuguaglianze educative, creando un divario sempre più marcato tra le famiglie ricche e quelle povere.
Il crollo dei risparmi è uno degli indicatori più preoccupanti. Oggi solo il 30% delle famiglie riesce a mettere da parte qualcosa, contro il 50% di qualche anno fa. Questo significa che un numero crescente di famiglie non ha più un “cuscinetto” per affrontare eventuali imprevisti economici o sanitari. I più colpiti sono i giovani genitori e le famiglie con figli minori, che vedono ridursi drasticamente le loro capacità di risparmio.
Anche chi ha un lavoro oggi non è al sicuro dalla povertà. Il fenomeno dei “working poor” continua a crescere: il 47% delle famiglie in povertà assoluta ha il capofamiglia occupato. Il lavoro, soprattutto con contratti precari o a basso reddito, non è più una garanzia di benessere economico, e molte famiglie si trovano a dover tagliare su spese essenziali nonostante un’occupazione.
L’aumento dei prezzi dei beni essenziali, soprattutto alimenti ed energia, sta spingendo anche le famiglie che un tempo potevano definirsi “stabili” verso una condizione di vulnerabilità.
Le rinunce forzate alle spese per la salute e l’istruzione stanno creando una generazione di famiglie sempre più esposte alle difficoltà economiche. Se non si interviene con politiche mirate, il rischio è che l’Italia veda crescere ulteriormente la povertà, trasformando la crisi attuale in una trappola per milioni di persone.
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