martedì, Giugno 6, 2023
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Trieste, la Linea d’Ombra dei migranti

di Elisa Benzoni

“Non veniamo in soccorso dei migranti perché siamo buoni e caritatevoli, lo facciamo per uno scopo politico, per dimostrare che può esistere una società solidale e un modo di vivere in una società diversa. La nostra è una forma di resistenza”.

Sono le parole di Gian Andrea Franchi professore di Filosofia in pensione, e fondatore assieme alla moglie Lorena Fornasir, psicoterapeuta, dell’associazione di volontariato Linea d’Ombra, in occasione di un’intervista a TV2000. Nelle sue parole troviamo tutte le motivazioni che hanno spinto verso l’aiuto ai migranti da e a Trieste.

Il contesto è quello drammatico della rotta balcanica, quello che, da almeno cinque anni, vede gli immigrati soffrire e a volte morite, per raggiungere l’Europa e le sue promesse disattese, prima di tutto sui diritti. Una rotta che è la negazione stessa dei principi di accoglienza soprattutto in merito di diritto d’asilo.

Tre i confini da superare per raggiungere Trieste dai campi bosniaci; un percorso, che i migranti chiamano the Game, che li vede più volte respinti sulla linea di partenza spesso con la violenza da parte dalle polizie dei rispettivi paesi.

Un dramma condannato all’invisibilità per le modalità in cui viene consumato, lontano dall’attenzione dei media. Una rotta che a tutti conviene proprio perché è fuori dalla visibilità, e percorre paesi balcanici, e è in qualche modo prodotta da accordi, quelli con la Turchia, che nessuno ha interesse a pubblicizzare, sia per la sostanza che per la forma.

I migranti si addensano a migliaia in Bosnia e in Serbia, al confine con l’Unione Europea, in campi mal gestiti e nelle strade, in condizioni di vita inaccettabili. Sul confine la polizia croata, assistita da Frontex, agenzia europea di controllo dei confini, cerca di bloccare il passaggio dei profughi, riuscendoci solo in parte: “è impossibile fermare le migrazioni, sono parte integrante della natura umana.

È però importante sapere che il tentativo di fermare i migranti avviene, illegalmente e con mezzi violenti. Si parte dal furto di telefoni, soldi, vestiti e persino delle scarpe, per arrivare alla tortura vera e propria, fisica e psicologica”.

E da qui da questa lontananza tra enunciazioni di diritti e reale applicazione degli stessi nasce Linea d’Ombra Odv (Organizzazione di volontariato), dove si compongono assieme sensibilità, relazioni umane, impegno politico, dramma e bisogno. Linea d’Ombra nasce nel 2019 per dare forma associativa a quell’impegno: si supportano i migranti sia attraverso viaggi in Bosnia, sia aiutando le persone in transito a Trieste.

Si portano indumenti, li si aiuta psicologicamente, si curano i loro piedi, un’immagine che ha oggettivamente dell’evangelico. I piedi sono l’incarnazione del dramma, simbolo e corpo del cammino. L’associazione aiuta il passo attraverso cure mediche (ultimamente si sono uniti alle attività gli specializzandi) e attraverso la distribuzione di scarpe.

Piazza della Libertà a Trieste, la piazza antistante la stazione ferroviaria (i volontari la chiamano piazza del Mondo), è uno dei teatri di questo impegno, dove a Linea d’Ombra si sono aggiunti pezzi del volontariato religioso e non, e dove l’impegno della comunità triestina ha trovato espressione.

E per questo le affermazioni e le azioni del sindaco triestino contro i bivacchi, suonano stonate. Il bivacco è una manifestazione assai lontana da quel che accade qui. I migranti che stazionano o sono di passaggio lo fanno certamente per necessità e in condizioni drammatiche e quindi sembrano ancora più assurde le multe che a loro sono state notificate.

A fronte di un sistema di assistenza pubblica che non riesce più ad assistere, le associazioni in piazza si sono fatte carico dei migranti in difficoltà, anche di quelli richiedenti asilo, a cui a maggiore ragione dovrebbe essere garantita assistenza e aiuto da parte dello Stato.

Si lavora in una ottica di sussidiarietà oggettiva, una sussidiarietà di cui le istituzioni non solo non riconoscono il senso e il valore, ma ne osteggiano l’operato.

di Elisa Benzoni

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