Mentre Ruanda e Repubblica Democratica del Congo stanno per ripiombare in un conflitto sanguinoso, da Parigi arriva la condanna a 20 anni di carcere per Laurent Bucyibaruta, ex prefetto ruandese, ritenuto complice nel genocidio dei Tutsi. Furono almeno 800 mila i Tutsi massacrati in Ruanda tra aprile e luglio del 1994, secondo una stima dell’Onu. L’ex alto funzionario, oggi settantottenne è stato condannato in particolare per almeno quattro massacri, avvenuti nella prefettura di Gikongoro, una delle regioni meridionali del Ruanda più colpite dal genocidio.
La corte ha stabilito la sua responsabilità per le stragi avvenute il 21 e 22 aprile 1994 nella scuola in costruzione presso Murambi e nelle parrocchie di Cyanika e Kaduhaa che ha causato circa 75.000 morti, e per l’assassinio di un centinaio di studenti nel liceo Marie Merci di Kibeho il 7 maggio. Bucyibaruta è il più alto funzionario ruandese mai processato in Francia per reati legati al genocidio dei Tutsi. “Ha coscienziosamente eseguito le direttive del governo provvisorio, che miravano all’eradicazione dei tutsi e poi le ha trasmesse a tutti gli anelli della catena amministrativa”, ha detto il pubblico ministero nella sua requisitoria poi accolta dalla Corte.
Intanto non c’è ancora pace per il Ruanda. il 13 giugno scorso le forze armate della Repubblica del Congo hanno accusato le forze per la difesa del Ruanda di aver occupato la città di confine di Bunagana. Il 6 luglio scorso si è svolto un incontro a Luanda tra il presidente congolese, Felix Tshisekedi e quello ruandese, Paul Kagame, mediato dal presidente angolano, Joao Lourenco, ma non sembra aver disteso gli animi. Le tensioni tra i due Paesi si sono intensificate dopo che nel Nord Kivu sono riprese le attività del gruppo ribelle M23, a maggioranza Tutsi, provocando decine di vittime e migliaia di sfollati. Kinshasa sostiene che i ribelli siano sostenuti dal Ruanda, che però nega qualsiasi responsabilità.
M23, dalla regione di confine, sostiene che il governo del Ruanda non può trattare per loro, che si ritengono congolesi. Il gruppo accusa il Congo di non aver rispettato gli accordi sulla smobilitazione e il reinserimento dei suoi combattenti. Come sempre la popolazione locale è presa tra due fuochi, costretta a lasciare le proprie abitazioni per non finire in mezzo agli scontri armati che da 25 anni sono fuori dal controllo del governo congolese, che nel frattempo ha decretato lo stato di emergenza.
