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Wissem, migrante, morto in salute legato a un letto d’ospedale

Il 28 novembre 2021, Wissem ben Abdellatif, un giovane tunisino di 26 anni di Kebili, moriva al Servizio Psichiatrico dell’Asl 3 dentro all’ospedale San Camillo di Roma, dopo essere stato trasferito dal Centro di permanenza per i rimpatri di Ponte Galeria a Roma. La Procura di Roma aprì un’indagine penale e la Regione Lazio un’inchiesta amministrativa per capire come si sono svolti i fatti. Oggi possiamo definire quella morte all’interno di un quadro di totale mancanza di rispetto per la persona inserito in una serie di atti burocratici.

Attacco cardiaco, disse l’autopsia, ma il sospetto dei magistrati è che a causare la sua morte sia stato l’impiego di misure di contenzione durante il suo ricovero. L’inchiesta della Regione ha tuttavia adesso fissato alcuni punti importanti, che chiamano in causa una lunga catena di errori e omissioni.

A cominciare dalla più grave nella catena gerarchica, quando il primario del Servizio psichiatrico, Piero Petrini, decise di non avvisare della morte l’Asl rm 3 a cui fa riferimento il nosocomio. Il quotidiano Repubblica, in un articolo basato sulla carte dell’inchiesta, sostiene che “un valore alterato del sangue venne ignorato e il paziente, molto probabilmente, è morto per un attacco cardiaco non rilevato”.

La Regione fu informata del decesso soltanto il 5 dicembre, una settimana dopo, in seguito agli articoli di gioornale usciti sulla vicenda. Quando la Regione chiede spiegazioni la Direzione generale della Asl conferma di essere stata tenuta all’oscuro del fatto fino al 3 dicembre.

Nonostante i toni duri con cui nel carteggio la direttrice generale della Asl, Francesca Milito, contesta al primario Piero Petrini una condotta omissiva, il primario è ancora al suo posto, nessun provvedimento disciplinare è stato preso. Eppure è chiaro che la morte di Wissem è stata inquadrata come un semplice problema amministrativo.

Wissem era arrivato in Sicilia a ottobre 2021 e, dopo un periodo di isolamento in nave quarantena ad Augusta, era stato trasferito al Cpr di Ponte Galeria, fase che precede il rimpatrio. Era stato considerato quindi idoneo alla vita in detenzione.

Delle preoccupazioni sullo stato psicologico di Wissem furono state osservate dalle autorità del centro, il che ha portato al suo primo ricovero il 23 novembre 2021 all’ospedale Grassi di Ostia e poi al reparto psichiatrico dell’ospedale San Camillo di Roma.

Il 28 novembre, Wissem moriva per arresto cardiaco durante il ricovero, ma i suoi genitori affermarono che il loro figlio era “uno sportivo e non aveva nessun problema né fisico né psichico“.

Alessandro Capriccioli, consigliere regionale del Lazio, e Stefano Anastasia, Garante delle persone private della libertà della regione Lazio, effettuarono un’ispezione al Cpr il 4 dicembre 2021, consultando la cartella clinica di Wissem e osservando le misure di contenzione utilizzate durante il suo ricovero.

Resta da chiarire se la sofferenza mentale di Wissem fosse precedente alla sua detenzione o se si fosse piuttosto sviluppata durante la stessa. Dalle carte vissionate da Mauro Palma, presidente dell’Autorità per i diritti dei detenuti e delle persone private della libertà, risultava che “gli esami del sangue erano regolari, non sembrava ci fossero problemi di salute“.

Wissem è l’esempio lampante delle pratiche rapide e standardizzate, adottate contro le persone di nazionalità tunisina in Italia, e messe in atto attraverso accordi bilaterali e accordi di finanziamento tra i due Paesi, a scapito dell’interesse della popolazione tunisina e del suo diritto fondamentale di accedere alla protezione internazionale.

Naturalmente Wissem non è l’unico caso. Le continue denunce delle persone che sono passate per questi centri di rimpatrio, che descrivono condizioni intollerabili, vengono continuamente occultate.

L’intero sistema di detenzione amministrativa dei migranti in Italia, che colpisce soprattutto i cittadini e le cittadine tunisine, in un Paese civile deve essere smantellato così come l’intero quadro legislativo sulla migrazione deve essere completamente ripensato.

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