Oggi iniziano le elezioni presidenziali in Iran, un evento cruciale per il paese in un momento di crisi economica e tensioni sociali. I candidati principali includono due conservatori, Mohammad Baqer Ghalibaf e Saeed Jalili, e un riformista, Masoud Pezeshkian. La campagna elettorale è stata segnata da forti critiche al governo riguardo all’economia, le restrizioni su Internet e le leggi sull’hijab.
Le urne si sono aperte venerdì alle 8, ora locale, in tutto il Paese, con chiusure che generalmente si prolungano fino a tarda notte. Ma le elezioni iraniane sono strettamente controllate, con un comitato di religiosi e giuristi nominati che esaminano tutti i candidati e l’intimidazione delle voci dell’opposizione nei mezzi di informazione.
Con la possibilità che nessuno raggiunga il 50% dei voti necessari, è probabile un ballottaggio il 5 luglio. Gli elettori iraniani, disillusi da elezioni percepite come non libere e giuste, potrebbero astenersi in gran numero. Tuttavia, l’ayatollah Ali Khamenei ha votato all’apertura delle urne, esortando la popolazione a partecipare.
Di conseguenza, si prevede che molti iraniani si asterranno dal voto, per protesta o perché non credono che un cambiamento significativo possa arrivare dalle urne.
Ghalibaf, ex comandante delle Guardie Rivoluzionarie e attuale presidente del Parlamento, ha una storia controversa, inclusa la repressione delle proteste studentesche. Jalili, un ultraconservatore, si oppone a qualsiasi apertura verso l’Occidente. Pezeshkian, cardiologo e unico candidato riformista, rappresenta una speranza per cambiamenti graduali, specialmente tra le minoranze etniche come i turchi azeri.
I sondaggi indicano Pezeshkian in testa, seguito da Ghalibaf e Jalili, con una grande percentuale di elettori ancora indecisi. I dibattiti hanno mostrato che l’economia è la principale preoccupazione degli elettori, afflitta da sanzioni, corruzione e cattiva gestione. Nonostante l’apatia elettorale, il governo spera in un’alta affluenza per legittimare il risultato.
Chiunque verrà scelto dovrà fare i conti con un’economia in crisi, conflitti regionali e profonde divisioni e discordie in patria.
I massimi funzionari dell’Iran, dalla guida suprema, l’ayatollah Ali Khamenei, ai comandanti senior del Corpo delle Guardie Rivoluzionarie, hanno definito il voto un atto di sfida contro i nemici dell’Iran e una convalida del governo della Repubblica Islamica.
L’ayatollah Khamenei ha espresso il suo voto all’apertura delle urne venerdì mattina, davanti a una schiera di telecamere e giornalisti in una sala cerimoniale allestita per l’occasione nel suo complesso ufficiale nel centro di Teheran.
Ha colto l’occasione per esortare gli iraniani a votare per il bene del Paese, indipendentemente da chi sostenessero, descrivendolo come una questione di dovere civico che avrebbe portato al Paese “dignità e credito” agli occhi del mondo.