venerdì, Maggio 17, 2024
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Twitter denuncia l’India

Twitter ha fatto causa al governo indiano. Lo scontro portato in giudizio fa parte della strategia dei dirigenti del social multimiliardario per il controllo delle informazioni nei paesi in cui opera. Una vicenda controversa per molti motivi, in questo caso scaturita dal tentativo del premier indiano Narendra Modi e del suo partito, il Bharatiya Janata Party, di rimuovere i contenuti e rimuovere numerosi account politicamente scomodi al governo. Nel 2021 il governo indiano ha esteso i suoi poteri di censura a tutti i social media, varando una legge con cui se i dirigenti delle corporation non tolgono i contenuti ritenuti contrari al governo possono incorrere in sanzioni penali.

Il pretesto utilizzato dal governo di Narendra Modi ovviamente non è stato quello di censurare, ma di garantire i cittadini contro la circolazione di fake news e disinformazione. Tuttavia Twitter ha basato la sua causa non sulla limitazione varata per legge ma sull’utilizzo errato e troppo ampio nell’applicazione della legge stessa. L’India è un colosso mondiale della tecnologia e il potere delle società tecnologiche è da sempre una chiave per creare o togliere consenso politico nel Paese. A denunciare le reali intenzioni dell’esecutivo è però la natura stessa dei post e degli altri contenuti che il governo ha fatto rimuovere, sempre inerenti a denunce sulle libertà civili violate e proteste contro il governo. Alcune limitazioni della libertà di stampa sono sorte dopo che qualche testata aveva criticato il governo per la gestione della pandemia da covid.

Twitter però non è il primo grande social media che porta in tribunale le autorità indiane. Anche Meta lo scorso anno, per questioni legate all’utilizzo di Whatsapp, aveva chiesto all’Alta Corte di Delhi di bloccare una norma che impone di rendere tracciabili i messaggi degli utenti. E anche in quel caso il governo aveva affermato che il diritto alla privacy non è assoluto ma soggetto a ragionevoli restrizioni. La causa è ancora in corso e si prevede che anche quella di Twitter sarà una battaglia che si trascinerà per anni. Twitter non è nuova ad azioni contro quella che ritiene essere la censura dei governi nazionali. Aveva già perso una causa negli Stati Uniti, iniziata nel 2014 e finita nel 2020, in cui accusava il governo di aver impedito alla società di divulgare informazioni sulla sorveglianza.

Sempre Twitter intentò una causa al governo Usa nel 2017, stavolta vincendola, per impedire al governo di smascherare un account anonimo che criticava le politiche sull’immigrazione dell’amministrazione Trump. E in questa fase in cui sembra certa l’acquisizione del colosso social per 44 miliardi di dollari da parte di Elon Musk, sue sono già Tesla e SpaceX, bisogna ricordare che il miliardario ha più volte affermato che Twitter dovrebbe moderare di meno i suoi contenuti a meno che non violino le leggi. Per questo la causa di Twitter contro il governo indiano non è una piccola sassaiola di quartiere ma una vera e propria battaglia tra le aziende multinazionali supertech e i governi di tutto il mondo. Perchè dopo l’India nel mirino dei big dei social c’è l’Unione Europea, che ha lavorato molto su leggi per limitare il potere di queste società.

Il problema è meno semplice di quanto possa sembrare. Nessuno cresciuto in un mondo democratico può naturalmente accettare che i governi impongano ai cittadini soltanto la lettura di articoli e commenti a loro favorevoli. Rimuovere i contenuti dai social perchè ritenuti politicamente scomodi senza che siano commessi reati è censura e repressione politica in contrasto con tutte le Costituzioni che assicurano il diritto di espressione. Ma dall’altra parte non c’è Abraham Lincoln e nemmeno Giuseppe Mazzini o i cittadini in lotta per le libertà democratiche. Dalla parte del tavolo che chiede più libertà e meno controlli ci sono i principali monopolisti dell’informazione dell’ultimo decennio, da Mark Zukerberg a Elon Musk, società multinazionali basate sul profitto, i più ampi profitti mai visti al mondo dal sorgere dei mercati. Un profitto ricavato proprio dalla vendita di quella merce particolare che si chiama informazione.

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