venerdì, Maggio 17, 2024
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I poveri non avranno il bonus poveri

Sei povero e vuoi il bonus del decreto aiuti con cui il governo dice di voler aiutare i poveri? Non lo avrai. Il famoso e tanto vantato provvedimento che regalerebbe 200 euro, una tantum, ai più bisognosi, l’equivalente di una bolletta della luce in questo periodo, un’inezia, non arriverà ai disoccupati che hanno percepito la Naspi fino al mese di maggio, ai lavoratori precari, per esempio quelli delle scuole, agli agricoli, ai lavoratori dello spettacolo che abbiano meno di cinquanta giornate lavorate nel 2021, ai lavoratori delle Cooperative di tipo B che reinseriscono al lavoro le persone svantaggiate, ai dottorandi e assegnisti di ricerca, ai lavoratori socialmente utili, ai lavoratori autonomi occasionali. In poche parole, il bonus non andrà alla categorie più fragili che ne hanno bisogno..

Sono state escluse soprattutto le categorie che nei fatti risultano essere troppo povere o precarie per percepirlo. Che l’eccessiva povertà precluda il diritto ad una indennità finalizzata ad affrontare il caro vita non è solo una gigantesca ingiustizia, ma una situazione assurda ed inconcepibile. Non soltanto si tratta di un provvedimento quasi ridicolo dal punto di vista dell’aiuto concreto, una mancia più che un bonus, per chi ha un reddito al di sotto dei 35 mila euro. Per avere diritto ai soldi non basta soddisfare i requisiti indicati dall’articolo 31 del decreto n. 50 del 17 maggio 2022: è necessario anche che sussista il rapporto di lavoro, a tempo determinato o indeterminato, nel mese di luglio. Quindi, riassumendo, chi avrebbe più necessità di un aiuto di chi ha perso il lavoro? Secondo il governo Draghi chi lavora è ha uno stipendio ha più necessità di chi non lavora e ha perso lo stipendio.

Non solo: se il datore di lavoro eroga comunque nella busta paga di giugno, pagata a luglio, il bonus 200 euro per il lavoratore che ha cessato servizio entro la data del 30 giugno, l’Inps si riserva la facoltà di chiedere indietro l’importo erogato. Che è paradossale, visto che dal momento in cui cessa il rapporto di lavoro nemmeno il datore può riprendersi i soldi dalla busta paga che non c’è più. Persino Cgil, Cisl e Uil chiedono adesso al governo di porre rimedio a questa situazione con la stessa urgenza riservata ai temi che hanno determinato la necessità della questione di fiducia. Il problema che nessuno però cita per esteso è la mutazione profonda del nostro sistema di welfare, il cosiddetto stato sociale, in un’ente di beneficenza dove se sei al tuo posto quando passa in visita nell’orfanotrofio il duca o la marchesa e fai un bel sorriso potresti essere prescelto per una gita al mare e se invece quel giorno sei malato te ne resti da solo in collegio con le suore.

Al danno di una condizione di incertezza retributiva, al danno dell’incertezza di trovare o meno un lavoro dopo averlo perso, si aggiunge la beffa di non poter percepire un contributo previsto proprio per dare almeno un minimo di sostegno ai redditi più direttamente colpiti dal caro bollette e dalla ripresa dell’inflazione. Non si tratta di un problema tecnico, che sarebbe facilmente risolvibile, o di scarsità delle risorse disponibili, già verificate prima del varo dell’iniziativa. E’ chiaramente un problema di natura politica di cui faranno le spese le persone che vivono nelle situazioni di maggior bisogno. Al momento in cui scriviamo nessuna forza politica tra quelle che sostengono il governo Draghi ha annunciato di prendere in esame il problema e farsene carico. E, chissà perchè, l’inazione non desta più stupore.

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